di Lucia Izzo - La circostanza che sia già in corso un procedimento in uno Stato membro, non priva di validità una sentenza di divorzio che sia divenuta definitiva in altro Stato membro. Ciononostante, il giudice deve verificare che tale decisione non violi i diritti fondamentali e l'ordine pubblico, essendo in tal caso giustificato il diniego di riconoscere il provvedimento.
In ambito di procedimenti riguardanti affidamento e responsabilità genitoriale, deve essere sempre garantito e tutelato il superiore interessedel minore.
Sono queste le conclusioni adottate dall'Avvocato generale della Corte di giustizia europea Yves Botper (qui sotto allegate) per quanto riguarda la causa C-386/17 originata dalla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di Cassazione italiana.
La vicenda
La vicenda, come riporta il Sole 24 Ore, ha visto schierati l'uno contro l'altro un cittadino italiano e una cittadina rumena che si erano sposati nel 2005 e si erano stabiliti in Italia. Il rapporto, da cui era nato anche un figlio, era però finito un anno dopo e la donna era tornata in Romania portando con sé il piccolo di pochi mesi, senza più fare ritorno in Italia.
Da qui era originato un vero e propria botta e risposta tra i giudici italiani e rumeni, rispettivamente interpellati dai coniugi. Il primo a essere adito dalla coppia era stato, nel 2007, il Tribunale di Teramo affinché pronunciasse la separazione giudiziale. Entrambi i genitori avevano domandato l'affidamento esclusivo del bambino.
La donna, tuttavia, nel 2009 adiva il Tribunale di Bucarest chiedendo sia il divorzio che l'affidamento esclusivo del figlio. Un'azione a cui il marito si era opposto sollevando innanzi al giudice straniero l'eccezione di litispendenza, essendo stato chiamato il Tribunale italiano, per primo, a giudicare sulla vicenda.
Nonostante ciò, il Tribunale rumeno respingeva tutte le richieste dell'uomo e, con sentenza
divenuta definitiva nel 2013 in grado d'appello, accoglieva le istanze della moglie. In particolare, i giudici di Bucarest negavano la sussistenza della litispendenza essendo stata chiesta la separazione in Italia e il divorzio in Romania (non esistendo in questo paese l'istituto della separazione).Pochi mesi dopo la sentenza straniera, anche il Tribunale di Teramo si pronunciava disponendo l'affidamento esclusivo del minore al padre, non riconoscendo (come richiesto dalla donna) l'esito della sentenza pronunciata in Romania.
Per il Tribunale italiano, infatti, i giudici stranieri non avrebbero dovuto intromettersi sulla vicenda loro affidata in un momento antecedente e, con la loro decisione, questi avevano violato le regole sulla litispendenza nel momento in cui non si erano astenuti dal giudicare una vicenda già sub iudice in Italia.
In sede d'appello, la Corte dell'Aquila, a cui si era rivolta la signora, ribaltavano la decisione e riconoscevano sia il divorzio che l'affidamento del bambino alla madre ai sensi della pronuncia rumena. Per i giudici del gravame, il mancato rispetto della litispendenza non sarebbe stato tra i criteri per escludere il riconoscimento in Italia della sentenza straniera.
Aditi dall'ex marito, invece, i giudici di Cassazione ritengono di affidarsi alla CGUE per stabilire se la violazione delle regole sulla litispendenza incida esclusivamente sulla determinazione della competenza giurisdizionale o possa costituire motivo ostativo al riconoscimento nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata preventivamente adita, della pronuncia assunta nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata successivamente adita.
In particolare, la Cassazione ritiene che il giudice rumeno, adito per secondo, sarebbe stato sprovvisto del potere di decidere e che la decisione che invece era stata pronunciata era idonea a ledere l'ordine pubblico nazionale, da qui la sua non riconoscibilità in Italia.
Le valutazioni dell'Avvocato generale
In attesa della decisione della CGUE, sul caso ha già fornito le proprie conclusioni l'Avvocato generale il quale ha ritenuto che la litispendenza sussiste quando le stesse parti hanno adito almeno due giurisdizioni in diversi Stati membri per chiedere la separazione, il divorzio o l'annullamento del matrimonio che, in un simile contesto, solo ritenute equivalenti.
Pertanto, si ritiene che nel caso di specie i giudici rumeni abbiano violato le norme sulla litispendenza. Essi, in altri termini, non erano competenti ad adottare decisioni sulla vicenda in questione, essendo invece competenti le giurisdizioni italiane, adite per prime con la causa di separazione.
Da tale conclusione sorge la necessità di valutare le conseguenze del riconoscimento in Italia delle decisioni emesse dai giudici in violazione dei precetti sulla litispendenza. Secondo l'Avvocato, può esservi un rifiuto di riconoscere una decisione in materia di responsabilità genitoriale, ai sensi del reg. 2201/2003, solo quando tale decisione appare manifestamente contraria all'ordine pubblico.
Alla giurisdizione nazionale, tuttavia, è espressamente vietato ogni controllo sulla competenza della giurisdizione dell'altro Stato membro, anche qualora l'incompetenza sia determinata dalla violazione delle regole sulla litispendenza.
Sul punto, la stessa giurisprudenza della CGUE ha soggiunto che il giudice dello Stato richiesto non può rimettere in discussione la finalità del regolamento n. 2201/2003, rifiutare il riconoscimento di una decisione promanante da un altro Stato membro per il solo motivo che esso ritiene che in tale decisione il diritto nazionale o il diritto dell'Unione sia stato male applicato.
Tuttavia, l'Avvocato generale rammenta che alla violazione delle regole sulla litispendenza potrebbe essere sottesa anche quella riguardante diritti fondamentali riconosciuti dall'Unione (es. diritto di difesa, al rispetto di tempi ragionevoli del processo, ecc.): in tal caso, ove il giudice ravvisi una violazione dell'ordine pubblico, sarebbe giustificato il mancato riconoscimento della sentenza straniera.
In particolare, in materia di affidamento e di responsabilità genitoriale, deve essere l'interesse superiore del minore a dover guidare ogni decisione. Inoltre, laddove uno Stato membro abbia violato le regole sulla litispendenza, la Commissione potrà sempre valutare la sussistenza dei presupposti per un ricorso per inadempimento innanzi alla Corte di Giustizia.
CGUE Conclusioni C-386/17• Foto: 123rf.com