Una situazione molto diffusa è quella di chi, al ritorno dalle ferie, trova che il contatore dell'energia elettrica, del gas o dell'acqua segna un inspiegabile aumento dei consumi oppure quando si riceve una bolletta che indica un consumo di gran lunga più elevato rispetto alle bollette precedenti e che, secondo il fornitore, ricalca i dati contenuti nel contatore. Ci si chiede, allora, se il contatore fa fede contro l'utente e se, quest' ultimo, può in qualche modo contrastare efficacemente le risultanze del contatore stesso. La questione viene affrontata dal Tribunale di Latina con recente pronuncia (n. 763/2018).
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Il contatore fa piena prova?
Per chiarire se il contatore fa piena prova dei dati in esso contenuti, dobbiamo partire dal concetto giuridico di "presunzione". Esistono, nel mondo del diritto, le presunzioni assolute ovvero non suscettibili di prova contraria (pensiamo, ad esempio, al rogito notarile il quale costituisce piena prova dell'acquisto di un immobile) e le presunzioni relative che sono, invece, soggette a prova contraria e possono essere, pertanto, ribaltate. Ecco, i dati risultanti dal contatore costituiscono presunzioni relative ovvero soggette a prova contraria da parte dell'utente.
In sostanza, gli scatti dei consumi rilevati dal contatore si presumono corretti salvo che l'utente dimostri il contrario. Un quesito che, giustamente, i consumatori si pongono è come dimostrare, in concreto, che il contatore sbaglia: esiste un metodo a questo scopo? In realtà no in quanto il contatore è una macchina e, per capirne il funzionamento, esso dovrebbe essere ispezionato da un tecnico con conseguente rischio di manomissione. Come fare allora?
Considerata la difficoltà del problema, la giurisprudenza si è orientata nel ritenere che la prova del malfunzionamento del contatore che l'utente deve fornire al fine di veder affermata la propria posizione non deve essere, in realtà, una prova "ferrea" essendo sufficiente anche un "sospetto di non funzionamento" per scaricare la palla sulla società fornitrice e lasciare che sia questa a dimostrare che il contatore ha registrato gli esatti consumi.
Se, ad esempio, l'utente ha sempre consumato - in media - euro 100 ed arriva una bolletta di € 1000, basterà dimostrare che le precedenti bollette riportano un consumo di gran lunga inferiore , che lo stile di vita non è mutato tanto da giustificare una impennata di consumo e che, di conseguenza, è molto probabile un cattivo funzionamento del contatore nella rilevazione dei consumi. Sarà il gestore a dover dimostrare che, in verità, il contatore funziona con conseguente ricaduta dell'onere della prova nei confronti di quest'ultimo.
La sentenza emessa dal Tribunale di Latina
A questo proposito è molto importante quanto ritenuto dal Tribunale di Latina nella sentenza sopra citata, ovvero che il gestore non può fondare il suo diritto di credito sulle indicazioni del contatore, ma deve dimostrare il corretto funzionamento dello stesso e la corrispondenza tra il dato fornito e quello trascritto nella bolletta. In difetto di una valida prova sul punto, la richiesta di pagamento deve essere rigettata perché contenuta in documenti formati unilateralmente dal gestore. La società non può quindi, limitarsi a fornire la fattura sulla base delle indicazioni riportate nel contatore in quanto esso rappresenta un " mero indizio" dei consumi effettuati e non fa certo piena prova. Il gestore, quindi, per avere la meglio sull'utente, dovrà dimostrare tecnicamente il corretto funzionamento del contatore centrale e, di conseguenza, la corrispondenza tra il dato fornito e ciò che si evince dalla bolletta.
Ciò posto, la bolletta verrà annullata dal Giudice, in linea di massima, nelle ipotesi in cui, ad esempio, l'importo contestato dall'utente appare inverosimile sulla base di alcuni indici, quali:
· le dimensioni dell'immobile;
· il numero degli occupanti;
· il tipo di consumo domestico;
· la destinazione dell'immobile (ad esempio la casa al mare).