di Marino Maglietta - La decisione della Corte d'Appello di Lecce (vedi provvedimento sotto allegato) in ogni suo passaggio presenta elementi esemplari, di significativa valenza ai fini della comprensione delle posizioni che si confrontano attualmente nell'ambito del diritto di famiglia. Esordisce, infatti, a suo tempo il giudice di prime cure respingendo la richiesta di affidamento paritetico avanzata da una coppia di genitori con una motivazione che non invoca difficoltà specifiche e particolari, ma enunciando una affermazione di principio valida in assoluto: "le condizioni indicate in ricorso inerenti le modalità di svolgimento del diritto di visita laddove le parti hanno convenuto di alternare le permanenza dei minori presso la loro casa per un periodo di una settimana ciascuno non risultano confacenti agli interessi di minori".
Ossia, in generale, non di quei minori.
Il tutto utilizzando termini, come il "diritto di visita", appartenenti culturalmente a quel regime dell'affidamento esclusivo per alcuni così difficile da superare.
Verso un affido realmente condiviso
A questa visione arcaica - ma purtroppo diffusissima presso il sistema legale - si contrappone la modernità di pensiero, di termini e di concetti esibita dalle parti, secondo le quali la ratio legis di un affidamento realmente condiviso prevede proprio la pari responsabilità dei genitori e il loro paritario impegno come modello da praticare in via ordinaria. Il che sta anche a dimostrare che l'affidamento condiviso non è legge calata dall'alto su una popolazione impreparata, come spesso si sostiene, ma, all'opposto, fermamente voluta dal basso, per non dire imposta dal sistema reale al sistema legale. Sistema che, come dimostra il caso di Lecce, continua a resistere con l'obsoleto argomento della stabilità abitativa, oltre tutto inconsistente perché contraddetto nei fatti dai regimi tradizionalmente applicati dei fine settimana alternati e delle "visite" infrasettimanali, che creano ben più pendolarità di quello a settimane alternate.
E', quindi, altamente significativo e apprezzabile nella decisione della Corte di Appello proprio il passaggio in cui si contesta, in via del tutto generale, che la collocazione paritaria possa essere di nocumento ai figli. Una prima affermazione sviluppata poi nel seguito, sostenendo che quel regime "anzi appare piuttosto una scelta auspicabile perché meglio risponde agli interessi dei figli ed allo spirito della bigenitorialità della l. 54/2006, suddividendo in modo equilibrato le responsabilità specifiche e la permanenza presso ciascun genitore, mantenendo inalterata la genitorialità di entrambi e tutelando la relazione genitoriale con i figli per garantire ai minori un rapporto continuativo ed equilibrato con ciascun genitore".
Le linee guida di Brindisi
Una presa di posizione che ovviamente, data anche la vicinanza geografica, conferma in pieno le linee guida del Tribunale di Brindisi, che analoghi concetti aveva espresso, al termine di un'accurata analisi svolta da un gruppo di lavoro. Tutto lascia pensare, quindi, che questa scelta non sia occasionale, ma rappresenti un orientamento costante della Corte di Appello di Lecce, che si spera presto imitato da altri simili organi giudicanti.
Innegabilmente, inoltre, questa decisione dà anche supporto, quanto mai tempestivamente, agli obiettivi del progetto di riscrittura al quale sta lavorando il Senato, anche se attraverso approcci sensibilmente diversi. In particolare, il regime di una perfetta pariteticità legale tra i genitori previsto nel provvedimento supporta il modello (di cui ai ddl 768 e 782 e alla pdl 942) che attraverso la loro pari dignità giuridica assicura ai figli un regime pienamente flessibile, di pari opportunità nel rapporto con essi, in modo da poter godere di volta in volta di quanto di più utile ciascuno possa offrire.
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Il testo del decreto della Corte d'Appello di Lecce
Vedi anche: L'affidamento condiviso dei figli