di Valeria Zeppilli - L'articolo 13-quater del d.p.r. n. 115/2002 dispone che nel caso in cui l'impugnazione è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, chi l'ha proposta deve versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. La norma dà poi al giudice il compito di dare atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti per un simile onere.
A tale proposito, la sentenza numero 26907/2018 della Corte di cassazione (qui sotto allegata) ha chiarito quale sia la portata del compito effettivamente gravante sul giudice.
Obbligo tributario
Per la Corte il giudice deve dichiarare solo la ricorrenza di un caso di infondatezza, inammissibilità o improcedibilità e non anche se la parte sia concretamente tenuta al versamento del contributo. Quest'ultimo onere spetta infatti al funzionario di cancelleria quale rappresentante dell'amministrazione giudiziaria, con la conseguenza che "è in relazione all'agire dell'amministrazione che rileva l'esistenza di eventuali condizioni di esenzione dall'obbligo tributario". Si pensi, ad esempio, all'esistenza della prenotazione a debito per l'ammissione al gratuito patrocinio.
In caso contrario, del resto, la giurisdizione civile sarebbe gravata di un potere decisionale su una vicenda di natura tributaria che, semmai, spetta al giudice tributario.
Onere del giudice civile
Al giudice civile, insomma, l'articolo 13-quater chiede solo di attestare di aver adottato una decisione incasellabile o come pronuncia di inammissibilità o di improcedibilità o come pronuncia di respingimento integrale.
È poi l'amministrazione che deve valutare se, nonostante quanto attestato dal giudice, la doppia contribuzione spetti effettivamente. Pertanto, è nei confronti dell'amministrazione che dovranno essere avanzati i mezzi di tutela contro l'eventuale illegittima pretesa di riscossione, senza che sia possibile interpretare l'attestazione del giudice civile come attestazione di debenza della doppia contribuzione.
Corte di cassazione testo sentenza numero 26907/2018• Foto: 123rf.com