Avv. Emanuela Foligno - La Suprema Corte nell'interessante pronuncia (n. 20408/2018 sotto allegata) ha statuito che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione del proprio conto corrente, ovvero dell'estraneità delle stesse alla sua attività.
La vicenda
Nel caso esaminato, approdato alla Suprema Corte dalla CTR della Campania, l'Agenzia delle Entrate aveva sottoposto ad accertamento i conti correnti bancari dei familiari (padre e nonna) dell'Amministratore di una S.r.l., a seguito dei quali venivano emessi avvisi di accertamento per maggiori ricavi non dichiarati ai fini IVA, IREP ed IRES.
L'Agenzia, inoltre, aveva emesso ulteriormente un avviso di irrogazione di sanzioni a carico della S.r.l. sempre con riferimento al periodo di imposta oggetto dell'accertamento.
Entrambi gli atti impositivi venivano impugnati dalla Società accertata, e la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente l'impugnativa avverso l'avviso di accertamento escludendo dalla ripresa a tassazione i ricavi risultanti dalle movimentazioni bancarie del padre e della nonna dell'amministratore della società, mentre l'impugnativa avverso l'irrogazione delle sanzioni veniva respinta.
In secondo grado la Commissione Tributaria Regionale rigettava l'impugnazione dell'avviso di accertamento proposto dall'Agenzia argomentando che gli elementi forniti dall'Ufficio in ordine alla attribuzione alla società dei movimenti in conto dei familiari, soggetti terzi della Società accertata, avrebbero dovuto essere suffragati da ulteriori elementi.
L'impugnativa dell'atto di irrogazione delle sanzioni veniva, invece, accolta in quanto le sanzioni pecuniarie andavano ridotte in considerazione del parziale accoglimento del ricorso proposto dalla Società .
L'Agenzia delle Entrate ricorre in Cassazione con separati ricorsi, poi riuniti dalla Suprema Corte per connessione argomentando l'erroneità delle decisioni delle Commissioni Tributarie territoriali per non avere le stesse riconosciuto imputabili alla società oggetto dell'accertamento i risultati degli accertamenti bancari condotti nei confronti dei familiari dell'amministratore.
Secondo l'Agenzia
la riconducibilità alla società contribuente dei risultati degli accertamenti bancari svolti riveste natura dirimente poichè l'amministratore della società accertata aveva la delega ad operare sui conti correnti dei suo familiari che risultavano tutti sforniti di redditi propri con la conseguenza che le movimentazioni bancarie a favore dei conti dei familiari erano senz'altro imputabili alle risorse economiche della Società accertata che con tali movimentazioni disperdeva i provi ricavi spalmandone una parte sui suddetti conti correnti con l'evidente intendo di eluderne la tassazione.La riconducibilità dei movimenti bancari dei familiari alla società
Gli Ermellini respingono il ricorso dell'Agenzia e ribadiscono l'orientamento consolidato secondo il quale in tema di accertamenti delle imposte sui redditi per superare la presunzione che i prelevamenti e i versamenti operati su conto bancario debbano essere imputati a ricavi conseguiti nell'esercizio dell'attività di impresa il soggetto accertato deve fornire la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione all'attività della società, o impresa, ovvero della estraneità di ogni singola movimentazione alla attività della impresa.
In sintesi, qualora la società oggetto dell'accertamento, risulti costituita da una ristretta compagine sociale o da rapporti di familiarità tra l'amministratore e i soci, o da rapporti di stretta familiarità tra i soci e familiari intestatari di rapporti bancari sottoposti a controllo, non è sufficiente una prova generica rappresentata da meri accrediti sui conti correnti.
In tali ipotesi infatti l'elevata probabilità che i maneggiamenti sui conti correnti di soci, amministratori e dei loro congiunti, derivino proprio dalla società accertata, non supera la necessità di fornire una prova analitica specifica.
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