La Cassazione ritiene che, per raggiungere gli anni di anzianità, l'interessato doveva richiedere la retrodatazione dell'iscrizione alla Cassa se all'epoca questa era una mera facoltà del praticante

di Lucia Izzo - Non raggiunge gli anni di anzianità necessari per andare in pensione, il professionista che prima di diventare notaio ha svolto la professione di avvocato se all'epoca l'iscrizione alla Cassa Forense era una merà facoltà del praticante non un obbligo. Egli avrebbe dovuto, entrata in vigore la legge n. 141/92, retrodatare l'iscrizione all'istituto previdenziale ripresentando l'apposita domanda in quanto il procedimento relativo all'istanza precedente doveva ritenersi concluso.


Tanto si desume dalla sentenza n. 27943/2018 (qui sotto allegata) con cui la Corte di Cassazione, sezione lavoro, si è pronunciata sulla vicenda di un professionista.

Il caso

Questi, in prima battuta, aveva chiesto al giudice del lavoro il riconoscimento del diritto al conseguimento della pensione e la condanna della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, nonchè della Cassa Nazionale del Notariato, alla corresponsione delle differenze sui ratei maturati e non riscossi o, in subordine, al versamento degli stessi importi a titolo risarcitorio.


Il ricorrente, infatti, riteneva di poter vantare 40 anni di contribuzione utile per effetto del computo dei contributi relativi agli anni in cui aveva svolto l'attività di praticante procuratore legale e di procuratore legale, oltre che di avvocato, nell'arco temporale 1971-1979, da sommarsi a quelli versati quale avvocato nel periodo 1980 -1981 e quale notaio dal 1982 al 2007, nonchè a quelli già riscattati per il corso di laurea.


La sua domanda viene tuttavia rigettata: per la Corte d'Appello, infatti, alla data rivendicata il professionista non poteva far valere quarant'anni di anzianità contributiva, dal momento che la Cassa Forense non aveva potuto procedere all'iscrizione per gli anni di svolgimento dell'attività di procuratore legale, essendo all'epoca tale iscrizione rimessa alla facoltà del praticante (cfr. art. 22 L. n. 576/80).


Inoltre, alla data di entrata in vigore della legge n. 141/92, che aveva riaperto i termini per la presentazione delle istanze di retrodatazione dell'iscrizione alla Cassa Forense, il procedimento attivato dalla precedente domanda dell'interessato doveva intendersi ormai concluso, essendo già decorso il termine di 30 giorni di cui all'art. 2 della legge n. 241/1990 per la definizione del procedimento stesso.

Pensione: quando va richiesta la retrodatazione dell'iscrizione a Cassa Forense

Una conclusione che anche la Corte di Cassazione ritiene di condividere: la sentenza impugnata ha richiamato la chiara previsione normativa dei termini riguardanti la possibilità di tardiva richiesta di retrodatazione degli effetti dell'accredito contributivo.

Condivisibile, alla luce della richiamata norma di cui all'art. 22 della legge 576/1980, l'affermazione secondo cui all'epoca dei fatti l'iscrizione alla cassa era facoltativa per i praticanti procuratori con patrocinio, per cui non sussisteva un obbligo d'ufficio per la Cassa di provvedervi in luogo dell'interessato.

Di conseguenza, alla data rivendicata, il professionista non poteva far valere i quarant'anni di anzianità contributiva.

Quanto alla questione della riapertura dei termini per le iscrizioni retroattive alla Cassa (cfr. n. 141/92) in applicazione del principio tempus regit actum e della normale irretroattività dello ius superveniens, la Cassa non aveva alcun obbligo di prendere in esame le precedenti istanze (tardive) di retrodatazione presentate nel vigore della previgente legge.

Nel caso in esame era infondato il presupposto di fatto da cui muoveva la tesi del ricorrente, vale a dire che il procedimento attivato dalla domanda del 1990 fosse ancora pendente alla data del 1992 di entrata in vigore della legge n. 141.

Retrodatazione: procedimento concluso, la domanda va ripresentata

In realtà, come ha puntualmente spiegato la Corte d'appello, nella fattispecie non poteva non trovare applicazione la norma di cui all'art. 2 della legge 241/990, in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

Tenendo conto di tale norma, la Corte distrettuale ha correttamente affermato che nel caso di specie, in mancanza di un diverso termine legale, alla data di entrata in vigore nel 1992 della legge che aveva riaperto i termini per la presentazione delle istanze di retrodatazione dell'iscrizione alla Cassa Forense, il procedimento attivato dalla precedente domanda del 1990 doveva intendersi certamente concluso, per cui egli avrebbe avuto l'onere di presentarne una nuova entro i nuovi termini di legge, mentre era pacifico che ciò non era avvenuto.

In conclusione, Cassa Forense non può ritenersi responsabile del risarcimento del danno subito dal ricorrente per essere il medesimo decaduto dalla possibilità di fruire della predetta riapertura dei termini. Non resta al professionista che pagare le spese processuali e il contributo unificato aggiuntivo.

Cass., sezione lavoro, sent. 27943/2018

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