di Marino Maglietta - La più recente giurisprudenza di merito sembra voler avviare una nuova e fortunata stagione di applicazione delle norme introdotte dalla riforma del 2006 e l'affidamento dei figli sembra dover diventare davvero condiviso. Ne dà conferma una recentissima sentenza del Tribunale di Firenze (Rel. Garufi), che conclude un lungo contenzioso. Che il grande clamore suscitato dal ddl 735, pur nella sua infelice stesura, abbia il merito di avere fatto comprendere a una parte sempre più ampia della magistratura che la legge 54/2006 prevede la Joint Physical Custody e non la Joint Legal Custody, ipotesi quest'ultima che, se vera, legittimerebbe 12 anni di giurisprudenza orientata verso il genitore prevalente, mettendo dalla parte del torto anche gli attuali contestatori?
Spazio all'ascolto del minore
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Nello specifico, si fa apprezzare il largo spazio dato all'ascolto del figlio minorenne, ripetuto più volte, e non formale, ma con grande disponibilità a tradurre in prescrizioni i suoi desideri. E' per questa via, infatti, che il giudice di prime cure allarga fino alla parità i tempi della frequentazione, accogliendo le sollecitazioni in tal senso del ragazzo, benché ripetutamente interpellato anche in precedenza, rivolte al giudice in via diretta, secondo una prassi intelligente adottata sistematicamente da qualche tribunale, come quello di Pistoia, e prevista da alcune proposte di legge attualmente all'esame del Parlamento. Di particolare rilievo la motivazione con la quale il figlio insiste per una frequentazione a settimane alternate,sostenendo, a dispetto della nota ostilità preconcetta del sistema legale, che non solo quel regime non lo disturbava affatto, benché complicato da una certa distanza tra le abitazioni dei genitori, ma che gli avrebbe consentito di conservare e ampliare un doppio sistema di amicizie.
Inoltre, viene fornito un raro esempio di utilizzazione articolata della possibilità di esercizio separato della responsabilità genitoriale, nel momento in cui solo al padre è attribuita la gestione dei trattamenti sanitari del figlio e delle sue attività sportive.
Mantenimento diretto
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Corrispondentemente viene stabilito un mantenimento diretto
, senza assegno. Per la verità la motivazione di questa scelta è l'unico aspetto per il quale sono possibili ulteriori passi avanti. Per praticare la forma diretta, difatti, non è indispensabile che tempi e redditi siano uguali, potendosi introdurre compensazioni attraverso l'attribuzione al genitore più abbiente o meno presente di capitoli di spesa maggiormente onerosi non legati alla convivenza. E soprattutto, praticarlo non comporta elencazioni, per giunta arbitrarie, di già presenti "spese straordinarie", ma che tutte le spese prevedibili siano immediatamente assegnate ripartendole al 100% mentre la divisione in proporzione delle risorse riguarda solo quelle imprevedibili. Questo, tra l'altro, perché altrimenti resta indefinito e fonte di contestazioni chi prenderà l'iniziativa per provvedere ai bisogni dei figli. Purtroppo, questa prassi trae visibilmente origine dai numerosi, consolidati e discutibili protocolli per le spese straordinarie, formulati in genere per iniziativa dei fautori del sistema monogenitoriale, ivi compreso il CNF, alle cui linee-guida del 2017 il provvedimento esplicitamente rimanda. In altre parole, chi ha pensato questo sistema aveva in mente, anche se non lo ha detto, un genitore prevalente che decide cosa serve ai figli anche fuori dell'ordinario, procede all'acquisto e poi ne chiede il parziale rimborso all'altro. E questo evidentemente non è "mantenimento diretto". Poi, a seguito di infinite contestazioni, è stato introdotto l'obbligo del preventivo accordo con riferimento ad una complessa categorizzazione delle spese (i famosi protocolli). Infine, di fronte alle lagnanze di genitori "collocatari" la stessa Suprema Corte (ex pluris Cass. 2127/2016)è tornata indietro, decidendo che se una voce di spesa è coerente con i bisogni dei figli e compatibile con le risorse familiari si è tenuti al concorso nell'onere anche se esclusi dalla decisione e neppure preavvertiti.Assegno divorzile "equilibrato"
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Ma, a parte ciò, la sentenza ha ancora altri pregi. In particolare, viene ben coordinato l'approccio di Cass. 11504/2017 con la successiva decisione a sezioni unite (18287/2018). In sostanza viene saldato il principio dell'autoresponsabilità con l'effettivo contributo dato alle risorse familiari, all'interno di una analisi così brillante che merita una citazione pressoché integrale.
"La Corte chiarisce che il parametro dell'adeguatezza ... ha carettere intrinsecamente relativo ed impone una valutazione composita e comparativa... Di tal che occorre verificare in primo luogo se esista un apprezzabile squilibrio fra le condizioni economico-patrimoniali degli ex coniugi e in secondo luogo le cause di tale divario; e in particolare se la situazione di squilibrio sia stata determinata dalla maggiore profusione di energie e di capacità da parte del coniuge "indebolito". In tale ottica viene valorizzato il principio di autoresponsabilità di ciascuno degli ex coniugi, le cui scelte di attuazione dello "scopo sociale" della famiglia, soprattutto mediante la ripartizione dei ruoli al suo interno, assumono primario rilievo nella verifica della adeguatezza dei mezzi e dell'incapacità di procurarseli. Così la funzione compensativo-perequativa consente di apprezzare tutte le situazioni in cui il coniuge più debole economicamente non ha potuto esprimere le proprie potenzialità personali e professionali per averle sacrificate (rectius investite) in favore della famiglia.
In altre parole, ... occorre non tanto ripianare tout court gli squilibri economici tra gli ex coniugi, bensì evitare locupletazioni in favore della parte che ha direttamente e/o mediamente beneficiato, durante il matrimonio, dell'opera morale e materiale, non remunerata, dell'altro coniuge."
Una perfetta guida per stabilire come regolarsi equilibratamente di fronte a una richiesta di assegno divorzile.
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