La giurisprudenza torna ad occuparsi della distinzione tra agente e venditore a domicilio
Avv. Alessia Raimondi - Con sentenza del 9/10/2018 (R.G. 1320/14) la Corte d'Appello di Roma, Sez. Lavoro, è tornata ad esaminare la figura dell'incaricato alla vendita "porta a porta" ribadendone l'autonomia e la distinzione rispetto alle peculiarità proprie del rapporto di agenzia.Nel caso di specie la Fondazione Enasarco aveva adito la Corte d'Appello al fine di sentir condannare una società all'omesso versamento di contributi previdenziali (e relative sanzioni) per 50 collaboratori esterni, contrattualmente inquadrati come venditori a domicilio ma, a suo dire, veri e propri agenti, stante "la continuità delle prestazioni rese e la consistenza dei compensi provvigionali da questi maturati".
La Corte d'Appello ha ribadito che i verbali ispettivi fanno piena prova solo dei fatti che i funzionari degli enti previdenziali attestino essere avvenuti in loro presenza e che le circostanze sollevate dalla Fondazione non erano tali da smentire l'inquadramento di quei 50 collaboratori, fattone dall'azienda.
La L. n. 173/2005, disciplinante la vendita a domicilio, prevede infatti espressamente all'art. 3 la possibilità che tale attività venga svolta anche senza contratto di agenzia, in forma occasionale o in maniera abituale.
Ciò che dunque differenzia l'agente dal venditore porta a porta non è la continuità dell'incarico (che può ben essere a tempo indeterminato, prevedere una zona, essere riferito ad un singolo affare, essere remunerato con compenso provvigionale superiore ad € 5.000) ma l' assunzione di un vincolo giuridico comportante il rispetto di obblighi (di promozione, buona fede e lealtà, informazione, non concorrenza, esclusiva) previsti dagli artt. 1742 c.c. e seguenti, non gravanti sull'incaricato alla vendita, come confermato dal tenore letterale dei contratti oggetto di indagine.
La pronuncia in esame si aggiunge alla giurisprudenza formatasi a Roma nel contenzioso generato dalle opposizioni ai verbali ispettivi dell'Enasarco, dalla quale emerge una netta prevalenza di sentenze che, per le ragioni anzidette, hanno confermato la validità degli inquadramenti degli incaricati alla vendita abituali presi in esame, con conseguente annullamento dei relativi verbali di accertamento.
La Corte d'Appello ha ribadito che i verbali ispettivi fanno piena prova solo dei fatti che i funzionari degli enti previdenziali attestino essere avvenuti in loro presenza e che le circostanze sollevate dalla Fondazione non erano tali da smentire l'inquadramento di quei 50 collaboratori, fattone dall'azienda.
La L. n. 173/2005, disciplinante la vendita a domicilio, prevede infatti espressamente all'art. 3 la possibilità che tale attività venga svolta anche senza contratto di agenzia, in forma occasionale o in maniera abituale.
Ciò che dunque differenzia l'agente dal venditore porta a porta non è la continuità dell'incarico (che può ben essere a tempo indeterminato, prevedere una zona, essere riferito ad un singolo affare, essere remunerato con compenso provvigionale superiore ad € 5.000) ma l' assunzione di un vincolo giuridico comportante il rispetto di obblighi (di promozione, buona fede e lealtà, informazione, non concorrenza, esclusiva) previsti dagli artt. 1742 c.c. e seguenti, non gravanti sull'incaricato alla vendita, come confermato dal tenore letterale dei contratti oggetto di indagine.
La pronuncia in esame si aggiunge alla giurisprudenza formatasi a Roma nel contenzioso generato dalle opposizioni ai verbali ispettivi dell'Enasarco, dalla quale emerge una netta prevalenza di sentenze che, per le ragioni anzidette, hanno confermato la validità degli inquadramenti degli incaricati alla vendita abituali presi in esame, con conseguente annullamento dei relativi verbali di accertamento.
Avv. Alessia Raimondi
(raimondi.avvocato@gmail.com, tel. 051.227311)
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