di Annamaria Villafrate - Le SU n. 27757/2018 della Cassazione (sotto allegata) rinviano al Consiglio Nazionale Forense il giudizio relativo alla sospensione di un'avvocata che, per diversi mesi, non ha pagato cinque suoi collaboratori. Contro il provvedimento disciplinare emesso nei suoi confronti dal Consiglio dell'ordine di Milano, l'avvocata ricorre al Consiglio Nazionale Forense, che lo dichiara inammissibile perché tardivo. A quel punto l'avvocata ricorre in Cassazione la quale, accogliendo il primo motivo d'impugnazione fondato su questioni rituali, accoglie i restanti per assorbimento, cassando la sentenza e rinviando al Consiglio nazionale Forense per esaminare nuovamente la vicenda.
La vicenda processuale
Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano infligge a un'avvocata la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per sei mesi per non aver pagato le spettanze dovute a cinque suoi collaboratori. Avverso la decisione l'avvocata propone ricorso al Consiglio Nazionale Forense, che lo dichiara inammissibile per tardività, perché presentato oltre il termine di 20 giorni stabilito dall'art. 50 R.D n. 1578/1933. La soccombente propone ricorso per ottenere la cassazione e la sospensione dell'esecutorietà della sentenza impugnata.
Rischia la sospensione l'avvocato che non paga i collaboratori
L'avvocata nel ricorso in Cassazione si affida a quattro motivi. Il primo, relativo al termine del ricorso al Consiglio nazionale Forense, viene accolto dalla Cassazione per questioni di diritto transitorio, i restanti per assorbimento. La sentenza viene quindi cassata, con rinvio della questione al Consiglio nazionale Forense, in diversa composizione, per un nuovo esame dei fatti.
Leggi anche:
- Avvocati: la sospensione non può essere inferiore a due mesi
- Assicurazione obbligatoria anche per l'avvocato sospeso volontariamente
• Foto: 123rf.com