Dott. Carlo Casini - In tema di risarcimento di danno non patrimoniale conseguente alla lesione di interessi costituzionalmente protetti, il Giudice, dopo aver identificato la situazione soggettiva costituzionalmente protetta, deve rigorosamente valutare, sul piano della prova, tanto il danno in re ipsa, quanto il suo impatto modificativo - che ovviamente deve rivelarsi in pejus - sulla vita quotidiana del danneggiato.
Oggetto del danno risarcibile in questi termini, sarà la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente tutelato, la quale può connotarsi in concreto con due aspetti essenziali e costituenti danni diversi, e, perciò, autonomamente risarcibili se provati rigorosamente.
Danno biologico e danno dinamico-relazionale
La Cassazione (nella recente sentenza n. 19151/2018 sotto allegata) coglie l'occasione per spiegare come si può attribuire al danneggiato una somma per i pregiudizi estranei alla determinazione medico-legale.
Una volta soddisfatto il requisito della prova, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno "biologico" e di quello "dinamico-relazionale", atteso che con quest'ultimo si individuano i pregiudizi di cui è espressione il grado percentuale di invalidità permanente.
In senso contrario, afferma la S.C., non costituisce duplicazione la congiunta attribuzione del danno biologico e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perchè non aventi base prettamente medica ed estranei alla determinazione medico legale del grado di percentuale di invalidità permanente, che invece indica o dovrebbe stare ad indicare, la sofferenza interiore riportata dal danneggiato.
Precedentemente agli approdi odierni la Suprema Corte aveva già avuto modo di affrontare la questione del danno dinamico-relazionale con l'ordinanza n. 7513 del 27 marzo 2018, nella quale affermava che la presente voce di danno è certamente da ricomprendersi nel danno biologico e che si deve assolutamente contrastare, in via giurisprudenziale, la rischiosa duplicazione di quest'ultimo.
D'altronde, gli Ermellini hanno anche avuto modo di affermare che, all'interno del danno biologico poi, si può affermare coerentemente che:
-ci sono conseguenze necessariamente comuni a tutte le persone che vengono a scontrarsi con quella invalidità;
-ci sono poi conseguenze, non comuni e classificabili come superiori e maggiori rispetto all'id plerumque accidit, che, necessariamente, vanno considerate come circostanze peculiari del singolo caso concreto.
Tanto le prime quanto le seconde costituiscono danno non patrimoniale, ciò che cambia è l'intensità dell'onore probatorio, circa le prime, basterà la semplice dimostrazione dell'esistenza dell'invalidità, per le seconde, la prova effettiva e concreta del (maggior) pregiudizio sofferto.
Si aggiunga che a ciò, la Suprema Corte ha tenuto a specificare che, le circostanze di fatto che giustificano la personalizzazione del danno non patrimoniale integrano un fatto costitutivo della pretesa, devono essere provate dall'attore e vanno allegate tempestivamente, nel modo più circostanziato possibile.
E' ora facilmente comprensibile il filo logico e di diritto seguito dalla Cassazione nella pronuncia in commento.
Alcune considerazioni
Alla luce di quanto sopra esposto, la giurisprudenza della Cassazione ci permette di formulare alcune considerazioni univoche:
- L'ordinamento prevede e disciplina due tipi distinti di danni: patrimoniale e non patrimoniale.
- Il danno sia non patrimoniale che patrimoniale, costituiscono categoria giuridicamente unitaria (a parere di chi scrive lo stesso non può dirsi sul piano fenomenologico). Per "categoria unitaria" si intende che qualsiasi pregiudizio non patrimoniale sarà soggetto alle medesime regole e ai medesimi criteri di risarcimento.
- Il giudice deve evitare, nel prendere in considerazione tutti gli elementi utili, la duplicazione risarcitoria di pregiudizi identici.
- Non vi sono automatismi risarcitori, in sede istruttoria il giudice procederà ad un approfondito e articolato accertamento, dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, potendo in via residuale ricorrere alle presunzioni e alle massime di esperienza.
- Non costituisce alcuna duplicazione del danno biologico la liquidazione, in voce separata, di quel danno, da cui corrisponde una autonoma somma di denaro a titolo di risarcimento di quei pregiudizi che non hanno formato base medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati da una sofferenza interiore (a titolo esemplificativo, forte patimento interno, vergogna di se stessi, paura e disperazione).
Pertanto l' impostazione giurisprudenziale attuale non permette (o non dovrebbe permettere) la liquidazione di danno biologico privo di un'accurata istruttoria, o liquidato in virtù di automatismi risarcitori.
L'attuale giurisprudenza dovrebbe favorire, anche nelle fasi relative ai gradi di merito, una maggiore coerenza della disciplina risarcitoria rispetto alla categoria del danno non patrimoniale e del danno biologico, che non può prescindere -ma bensì dipende- dalle allegazioni e dalle prove fornite dalle parti.
Scarica pdf Cass. n. 19151/2018Mail: avv.carlo.casini@gmail.com
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