di Annamaria Villafrate - Basta una telefonata per configurare il reato di molestie. Lo conferma ancora una volta la Cassazione con la sentenza n. 52099/2018 (sotto allegata) Del resto a nessuno piace ricevere telefonate anonime o da persone che non si conoscono. Figurarsi se la telefonata è rivolta a una donna e per lo più è piena di espressioni volgari e oscene. Lo sa bene l'imputato protagonista di un processo, condannato per il reato di molestie alla pena dell'ammenda di 300 euro. Gli è costata cara insomma la telefonata rivolta a una conoscente, che si è sentita rivolgere frasi grette e offensive dal suo interlocutore. Per la Cassazione infatti è sufficiente una telefonata a integrare il reato di molestie, se il suo contenuto risulta oltraggioso per la sua interlocutrice.
La vicenda processuale
La sentenza del giudice di primo grado dichiara la responsabilità dell'imputato per il reato di cui all'art. 660 c.p. e lo condanna all'ammenda di € 300,00 con sospensione condizionale della pena
. La sentenza si fonda sulla testimonianza della vittima, che riferisce di aver ricevuto sul suo cellulare una chiamata da un'utenza non identificata. Durante la conversazione telefonica, l'interlocutore, un conoscente di sesso maschile, proferisce espressioni dal contenuto osceno e volgare, che la costringono a chiudere immediatamente la chiamata. Le indagini dimostrano che la chiamata proveniva effettivamente dall'imputato, che la persona offesa ha dichiarato di conoscere, anche se superficialmente. Ritenuta provata l'identità del soggetto, il giudice di prime cure ritiene che le espressioni rivolte alla donna configurino il reato di molestie. Ricorre in Cassazione l'imputato (art. 568, comma 5 c.p.p), ritenendo, tra i vari motivi, non provata la provenienza della chiamata e contestando la sussistenza del dolo, visto che ha dichiarato di aver erroneamente chiamato la vittima, rivolgendole quelle parole perché convinto di aver contattato una escort.Una telefonata, se volgare e offensiva, integra il reato di molestie
Per la Cassazione, che dichiara inammissibile il ricorso, non rileva che l'imputato abbia digitato un numero diverso da quello che aveva intenzione di digitare, così come non ha importanza che la chiamata rivolta alla vittima sia stata una sola. La Cassazione pare attribuire più valore al contenuto volgare e osceno della telefonata, che alla frequenza o al numero. Insomma è bastata una sola chiamata e l'utilizzo di espressioni offensive e volgari per ritenere l'interlocutore responsabile del reato di molestia. Come riportato in sentenza, infatti: "Si tratta di frasi a contenuto osceno e volgare, che il primo giudice ha ritenuto, secondo il comune sentire, gravemente fastidiose e offensive per la sensibilità dell'interlocutrice." Non è bastata neppure la giustificazione dell'imputato, che ha dichiarato di aver sbagliato numero, a convincere gli Ermellini, anche perché nessuna prova è stata infatti fornita al riguardo. Non bastano le buoni intenzioni per andare assolti!
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