La Suprema Corte si esprime in merito all'applicabilità del beneficio di preventiva escussione in materia tributaria
di Giuseppe Grande - La sentenza 23260 del 27 Settembre 2018 vergata dalla V° sezione civile della Corte suprema di cassazione (sotto allegata) introduce, nell'alveo del contenzioso tributario, un principio di diritto che riesce a risolvere definitivamente l'impasse giuridica creatasi intorno all'applicazione del ricorso ex art.615 c.p.c (opposizione all'esecuzione) nelle more del processo dinnanzi al giudice tributario, assicurando allo stesso tempo una tutela più ampia e strutturata del "socio contribuente" sottoposto ad un procedimento di esecuzione diretta da parte dell'amministrazione finanziaria.

La vicenda

Viene difatti concesso, in caso di riscossione diretta dell'amministrazione finanziaria avverso i singoli soci di una società in nome collettivo (s.n.c.) il beneficium excussionis. Per tale ragione, in virtù di questo principio di cui all'art. 2304 del Codice Civile, il creditore sociale (nel caso in questione l'amministrazione finanziaria) prima di rivolgersi al singolo socio ha l'obbligo di escutere il patrimonio della società ed esclusivamente qualora la sua pretesa rimanga insoddisfatta può aggredire direttamente il socio. Di converso, qualora il creditore sociale decida di agire senza rispettare la condizione del beneficium excussionis nei confronti del socio, legittima quest'ultimo a proporre opposizione ex art.615 c.p.c. Con tale meccanismo si trova una soluzione lineare al groviglio normativo che per molto tempo ha generato una condizione di squilibrio giuridico di rilevanza costituzionale nel contenzioso tributario, visto che l'art.57, primo comma, DPR 602/1973, ammette l'opposizione all'esecuzione solo se con essa si contesta la pignorabilità dei beni.

La violazione del beneficium excussionis

Secondo i giudici di legittimità il procedimento di riscossione segue la medesima sequenza del procedimento esecutivo ragion per cui è identificabile:
-in luogo del titolo esecutivo, il ruolo formato dall'ente impositore
- in luogo del precetto, la cartella di pagamento o l'avviso di mora o l'intimazione di pagamento.
Il canale di connessione ed equivalenza dei due procedimenti è rinvenibile nella stessa cartella esattoriale che, al momento della notifica, oltre che alla funzione informativa nei confronti del contribuente assurge anche a quella prodromica all'esecuzione forzata.
Per tali ragioni gli ermellini non individuano alcuna differenza tra l'impugnazione del precetto per far valere il beneficio di preventiva escussione prima che avvenga il pignoramento e l'impugnazione della cartella esattoriale per far valere il medesimo beneficio.
La logica conseguenza di questo ragionamento è, come sottolineano i giudici di legittimità, la generazione di un vizio proprio dell'iscrizione a ruolo del socio qualora venga violato il beneficium excussionis e di conseguenza, la cartella esattoriale e l'intero procedimento di riscossione risultano illegittimi perché in violazione della condizione di cui all'art. 2304 del Codice Civile. L'intimazione di pagamento viene pertanto annullata.
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