di Marina Crisafi - Rivolgersi al coniuge con epiteti volgari può costare una condanna per il reato di maltrattamenti in famiglia. È quanto si ricava dalla sentenza n. 54053/2018 depositata oggi dalla Cassazione (sotto allegata), la quale ha confermato la condanna per il reato ex art. 572 del codice penale nei confronti di un marito che aveva usato "epiteti volgari" nei confronti della moglie e in un caso ne aveva provocato la caduta a seguito di un litigio.
A nulla sono valse le obiezioni della difesa dell'uomo che lamentava violazione di legge, per avere il giudice di merito stimato integrato il reato sebbene si fosse trattato di "quattro episodi sporadici commessi in un brevissimo arco temporale".
Per la sesta sezione penale della Cassazione, infatti, la sentenza impugnata è ineccepibile sia in punto di ricostruzione dei fatti che della conclusione in diritto. Integra l'elemento oggettivo del delitto di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) ricordano dal Palazzaccio, "il compimento di più atti, delittuosi o meno, di natura vessatoria che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, senza che sia necessario che essi vengano posti in essere per un tempo prolungato, essendo, invece, sufficiente la loro ripetizione, anche se per un limitato periodo di tempo, idonea a determinare la sofferenza fisica o morale continuativa della parte offesa".
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