di Annamaria Villafrate - La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 232/2018 (sotto allegata) riconosce il diritto al congedo straordinario anche al figlio che non convive con il genitore. Discriminare un figlio, costretto, per ragioni di lavoro a non poter convivere con il genitore bisognoso di cure, non solo ostacola l'esercizio del principio solidaristico previsto dall'art. 2 della Costituzione, ma viola anche quello di uguaglianza. Questa la decisione della Consulta, chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del dlgs. n. 151 del 26 marzo 2001, n. 151 - Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53- nella parte in cui richiede, per ottenere il congedo straordinario la preesistente convivenza dei figli con il soggetto disabile che necessita di assistenza.
Congedo straordinario: cosa prevede la legge
Il congedo straordinario spetta solo per assistere soggetti in condizioni di disabilità grave e accertata, ravvisabile in presenza di una minorazione, "singola o plurima", che riduce l'autonomia personale in modo che, tenendo conto anche dell'età, rende necessario "un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione" (art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992). La legge, nel tempo, ha ampliato il novero dei soggetti che hanno diritto al congedo straordinario per salvaguardare "la cura del disabile nell'ambito della famiglia e della comunità di vita cui appartiene (…) e tutelarne nel modo più efficace la salute, di preservarne la continuità delle relazioni e di promuoverne una piena integrazione."
Congedo straordinario: spetta anche al parente non convivente
Nell'ampliare la sfera degli aventi diritto al congedo straordinario però il legislatore, per anni, ne ha subordinato l'esercizio alla preesistente convivenza con il disabile, con l'intento di garantire la continuità delle relazioni affettive e di assistenza. La convivenza però non può e non deve essere interpretata solo in senso formale. Questa interpretazione restrittiva, infatti, improntata alla tutela primaria del disabile, rischia di comprometterla, quando, di fatto, da una parte manchino i familiari conviventi previsti dalla legge e dall'altra c'è un figlio che, anche se non convivente al momento della domanda, è disponibile ad assistere e curare il proprio genitore in difficoltà. Condizionare il congedo straordinario al prerequisito di una convivenza già instaurata nel momento in cui viene fatta la richiesta, rischia in sostanza, di vanificare la finalità dell'istituto.
Come chiarito dalla Corte Costituzionale infatti nel momento in cui un figlio non convive con il proprio genitore, non gli resta che chiedere il congedo straordinario, per poterlo assistere continuativamente, se non è presente un altro famigliare in grado di fornire il suo supporto. Del resto "le necessità che, secondo il moderno dispiegarsi dell'esistenza umana, conducono i figli ad allontanarsi dalla famiglia d'origine non potrebbero in nessun caso ostacolare la concreta attuazione dell'inderogabile principio solidaristico di cui all'art. 2 Cost., attuazione che ben potrebbe essere garantita mediante l'imposizione di un obbligo di convivenza durante la fruizione del congedo".
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