di Valeria Zeppilli - Gli avvocati che deducono dal loro reddito complessivo i contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde compiono un'operazione contrastante con l'articolo 50 del TUIR.
In altre parole: gli importi del 4% del fatturato riportati nella parcella e poi versati a Cassa Forense non possono essere dedotti.
Il 4% è a carico del cliente
Non lascia dubbi in proposito la Corte di cassazione, la quale, con l'ordinanza numero 32258/2018 qui sotto allegata, ha precisato che, essendo pacifico che l'importo del 4% è a carico del cliente, deve ritenersi che il relativo importo non faccia parte delle componenti del compenso e che nulla vada quindi dedotto, esulandosi dalla fattispecie di cui all'articolo 10 del TUIR.
Versamenti eseguiti dal contribuente
La deducibilità si ha, invece, nel caso in cui il professionista esegua dei versamenti in favore della Cassa senza ribaltare il costo sul proprio cliente, come avviene, ad esempio, quando l'avvocato versa il contributo integrativo minimo a prescindere dalla fatturazione delle prestazioni, con il fine di raggiungere l'importo minimo richiesto per la permanenza dell'iscrizione a Cassa Forense.
La vicenda
Il caso deciso dalla Corte di cassazione con l'ordinanza in commento riguardava un avvocato che aveva ricevuto una cartella di pagamento per il recupero di somme dovute a titolo di Irpef, alla luce di una rettifica avente ad oggetto proprio la tassazione degli oneri deducibili dal reddito complessivo relativi ai contributi previdenziali e assistenziali obbligatori versati a Cassa Forense.
Dopo che la CTP aveva accolto le ragioni del legale rispetto alla cartella, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, invocata dall'Agenzia delle entrate, aveva ribaltato la sentenza di primo grado, con una decisione che la Corte di cassazione, sulla base delle ragioni sopra riportate, ha deciso di confermare.
Scarica pdf ordinanza Cassazione numero 32258/2018• Foto: 123rf.com