di Valeria Zeppilli - L'accertamento del grado di colpa del sanitario e la conformità del suo comportamento alle linee guida costituiscono aspetti di primo piano nell'ambito dei giudizi di responsabilità medica e, con riferimento a essi, non può che essere segnalata la recente sentenza numero 412/2019 della Corte di cassazione (sotto allegata).
L'errore medico
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Tale pronuncia ha innanzitutto ricordato che, secondo il diritto vivente, è ancora attuale e valida la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia nell'ambito della fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee guida adeguate al caso di specie.
Per i giudici, infatti, non può non considerarsi che la colpa lieve per imperizia esecutiva, in determinati contesti, è idonea a delimitare l'area di irresponsabilità del professionista sanitario.
Il ruolo delle linee guida
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La Corte ha inoltre ribadito che le linee guida costituiscono un sapere scientifico e tecnologico codificato e rappresentano un'utile parametro per orientare le decisioni terapeutiche e che è proprio muovendo da tale alveo interpretativo che l'articolo 5 della legge Gelli ha deciso di regolare le modalità di esercizio delle professioni sanitarie.
Il legislatore del 2017 ha in sostanza costruito un "sistema istituzionale, pubblicistico, di regolazione dell'attività sanitaria, che ne assicuri lo svolgimento in modo uniforme, appropriato, conforme ad evidenze scientifiche controllate" e, così, ha imposto al professionista sanitario di attenersi alle raccomandazioni con gli adattamenti propri del caso concreto.
Le pretese dei medici
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Tale conclusione ha anche un importante rovescio della medaglia, in quanto, osservata dal punto di vista del medico, dà a questi "la legittima, coerente pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli".
Scarica pdf sentenza Cassazione numero 412/2019• Foto: 123rf.com