Si tratta di cause un po' particolari.
C'è da dire che l'esito di questi processi non è sempre scontato: ad esempio, quello qui commentato ha portato all'assoluzione dell'imputato.
Diamo allora qualche dettaglio per capire il perché dell'assoluzione, visto anche l'interesse di non poche persone per queste dinamiche processuali.
Indice:
Il caso
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Il caso affrontato dal Tribunale penale di Vicenza (sentenza n. 81 del 22 gennaio 2018) attiene al reato di cui all'art. 20 bis L. n. 110/75.
In sintesi, dall'imputazione risulta che la persona interessata trascura di adoperare nella custodia di una pistola (lasciata all'interno di una cassapanca non chiusa), una carabina (lasciata poggiata su un a libreria) e un fucile semiautomatico (lasciato in una cabina armadio chiusa) le cautele necessarie per impedire che terzi, imperiti nell'uso, ne vengano in possesso.
Il processo
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Il Giudice revoca il decreto penale opposto; si va dunque al giudizio dibattimentale sulla base dell'imputazione indicata.
Ebbene, l'imputato viene mandato assolto dall'addebito perché il fatto non sussiste.
Perché questa decisione?
Vediamo come il magistrato arriva alla conclusione dell'assoluzione.
I presupposti della decisione
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Si verifica un furto all'interno dell'abitazione dell'interessato.
I ladri si introducono nella villa dell'imputato forzando il cancello d'ingresso (poi bloccato con un cavo in metallo per impedirne l'apertura eventuale da parte del proprietario o della vigilanza), quindi rendono inservibile l'allarme e la videosorveglianza.
Asportano gioielli e denaro, una carabina ad aria compressa di cui è denunciato il possesso.
La pistola e il fucile vengono ritrovate nell'abitazione.
In particolare: il fucile semiautomatico viene rinvenuto nella cabina armadio con porta aperta, mentre la pistola revolver si trova in una cassapanca in legno, priva di chiusura, riposta in un disimpegno collocato al primo piano dell'abitazione.
Solo in un secondo momento la carabina viene trovata, da un privato, abbandonata in campagna.
I motivi della decisione
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L'addebito che viene fatto all'interessato è dunque quello di non aver custodito le armi con la dovuta diligenza.
Il Magistrato, rispetto alla tesi del P.M., ritiene che la fattispecie penale evocata con l'accusa mira, di fatto, ad imporre uno sforzo diligente in capo al detentore di armi, tanto per garantire che terzi soggetti imperiti nel maneggio, o pericolosi, ne vengano in possesso.
Ciò che, tuttavia, va considerato è che nell'abitazione dell'imputato non vi sono minori di età, ne tossicodipendenti, ne persone inesperte. Egli è regolarmente detentore, pertanto il pericolo proveniente dall'interno dell'abitazione è di fatto neutro o inesistente.
Riguardo invece al pericolo esterno, cioè collegato all'ingresso di eventuali ladri, si dimostra del tutto sufficiente il sistema di sicurezza anti intrusione prediposto dall'imputato con diversi allarmi di videosorveglianza e di recinzione dell'abitazione.
Ecco dunque che il malcapitato ha addirittura dato dimostrazione di una maggiore attenzione e diligenza, in quanto non si è limitato a predisporre serrature, recinzione e cancelli, ma ha messo in opera e fatto funzionare un articolato sistema di videosorveglianza e di allarme volumetrico e perimetrale.
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