di Annamaria Villafrate - Con l'ordinanza n. 611/2019 (sotto allegata) la Corte di Cassazione non fa che ribadire il proprio pensiero su quella che dovrebbe essere la condotta del dipendente sul posto di lavoro. Respinge infatti il ricorso del lavoratore perché, come debitamente dimostrato in primo e secondo grado, avrebbe tenuto una condotta aggressiva nei confronti dei propri superiori gerarchici che, per tutta risposta, lo hanno licenziato. A poco è valso per il dipendente il tentativo di giustificare il proprio comportamento, sostenendo di aver semplicemente reagito a condotte mobbizzanti. Gli Ermellini infatti, non hanno ritenuto provata la versione del dipendente, il cui licenziamento quindi è stato dichiarato legittimo anche in questa sede.
La vicenda processuale
Il giudice di secondo grado conferma quanto sancito dalla sentenza di primo, che ha ritenuto legittime le sanzioni disciplinari irrogate nei confronti di un dipendente conseguenti a comportamenti caratterizzati "dalla totale inosservanza delle regole di correttezza e reciproco rispetto nei rapporti con i colleghi e i superiori gerarchici e da insofferenza a legittime disposizioni aziendali."
Le prove hanno infatti confermato quanto risultante dalle lettere di contestazione sui fatti oggetto di sanzione conservativa e licenziamento. Il dipendente, contestando quanto deciso dal giudice di secondo grado ricorre in Cassazione poiché la Corte di secondo grado ha omesso di:
- di esaminare le prove sottoposte al suo esame e trascurato l'inattendibilità dei testimoni;
- di pronunciarsi sulla sproporzione della sanzione irrogata, a causa della mancata valutazione dell'atteggiamento del dipendente, da considerare come una reazione a comportamenti mobbizzanti subiti in azienda;
- di tenere conto del fatto che il dipendente aveva un ottimo rapporto con i colleghi, tranne che con i suoi diretti superiori gerarchici, ed era un lavoratore scrupoloso.
Legittimo il licenziamento del dipendente aggressivo
La Suprema Corte, con la sentenza n 611/2019, sezione lavoro rigetta il ricorso ritenendolo inammissibile, motivando nel dettaglio le ragioni per le quale è giunta a tale conclusione, precisando, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente che "La sentenza
impugnata ha ampiamente esaminato i fatti controversi ed accertato che l'istruttoria espletata in primo grado aveva confermato integralmente i fatti contestati e che il lavoratore non aveva contestato la verificazione di tali fatti nella loro dimensione oggettiva essendosi limitato - in alcuni casi a ridimensionare la portata considerandoli espressione della normale dialettica in ambiente di lavoro e in altri casi a ricondurre i propri comportamenti a reazioni consequenziali ad atteggiamenti aggressivi e provocatori di OS e OW (superiori gerarchici) - vessazioni che non avevano trovato conferma nella prova testimoniale."La sentenza in questo modo si inserisce nel solco di pronunce, tutte concordi nel ritenere legittimo il licenziamento del dipendente aggressivo con colleghi e superiori (Cassazione sentenza n. 10842/ 2015; Cassazione sentenza n. 9635/16; Cassazione ordinanza n. 19458/2018).
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Scarica pdf Cassazione sez. Lavoro ordinanza n. 611-2019