Per la Cassazione, dopo l'interruzione della relazione l'ex convivente che si allontana e poi vuole rientrare nella casa della ex compagna commette violazione di domicilio

di Annamaria Villafrate - Commette violazione di domicilio l'ex convivente che, dopo la volontà espressa dalla ex compagna d'interrompere definitivamente la relazione ed essersi allontanato senza chiavi, decide di rientrare in casa con la forza. Ad affermarlo la Cassazione penale n. 3998/2019 (sotto allegata). Secondo gli Ermellini l'imputato, nel momento in cui si è allontanato dalla casa senza chiavi, decidendo dopo qualche ora di rientrarvi, ha perso il potere di fatto sull'abitazione. Titolare esclusiva dello ius proibendi infatti, a quel punto è rimasta la donna, unica in grado di decidere chi far entrare o meno nella sua abitazione.

La vicenda processuale

Il giudice d'appello confermava la decisione di primo grado, che aveva ritenuto l'imputato colpevole del reato di violazione di domicilio aggravato per essersi introdotto, dopo averne divelto la porta d'ingresso, nell'abitazione della sua ex compagna, ivi trattenendosi contro la sua espressa volontà, colpendola con schiaffi e pugni al viso.

A quel punto l'imputato ricorreva in Cassazione. Il giudice di secondo grado avrebbe infatti inquadrato erroneamente la sua condotta come violazione di domicilio aggravata, visto che la ex compagna aveva "appena" interrotto la relazione sentimentale intercorsa tra i due. Secondo il ricorrente, infatti egli aveva diritto a entrare e intrattenersi nella casa comune, per il potere di fatto che esercitava sulla cosa, in virtù della convivenza more uxorio.

Viola il domicilio l'ex convivente che vuole rientrare dopo la fine del rapporto

La Cassazione rilevando, come evidenziato dall'imputato, che la corte non aveva tenuto conto della dichiarazione e ammissione da parte della vittima, della precedente convivenza more uxorio

, ha evidenziato come il giudice d'appello sia andato poi oltre, chiarendo che "la tesi non potrebbe comunque essere accolta, posto che la donna aveva già comunicato nel pomeriggio all'imputato (a seguito dell'ennesimo comportamento offensivo dello stesso) di non voler proseguire la relazione con lui, il che comportava necessariamente ed evidentemente il venir meno, a partire da quel momento, di qualsiasi diritto che fino ad allora egli (seguendo la tesi difensiva) aveva potuto vantare sulla base della convivenza con la persona che aveva la titolarità dell'abitazione. [ …] E' del tutto evidente, in altre parole, che il diritto del (...) di entrare in quell'appartamento, proprio in quanto legato al prospettato rapporto di convivenza con la donna, doveva ritenersi cessato nel momento in cui quest'ultima aveva manifestato la volontà di porre fine alla convivenza."

Nel caso di specie infatti la tesi dell'imputato, secondo la quale, in virtù del rapporto di convivenza egli aveva il potere di accedere all'abitazione della ex compagna, perde di significato. Egli infatti dopo essersi allontanato dall'abitazione, senza chiavi, dopo che la donna aveva manifestato la volontà di porre fine alla loro relazione, perdeva la titolarità dello jus proibendi. A quel punto l'unica titolare del diritto di proibire l'ingresso a qualcuno nella sua abitazione, compreso l'ex convivente, era da considerarsi solo la donna. Del resto già precedenti Cassazioni hanno riconosciuto "nella moglie legalmente separata e rimasta nella casa coniugale, l'unica titolare del diritto di escludere anche il marito dal domicilio (Cfr. Cass. Sez. 2, n. 217 del 12/2/1962 - 30/03/1962)."

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