Per la Cassazione, dopo il pagamento per intero della somma indicata nel decreto ingiuntivo, il creditore non potrà intimare precetto per le spese processuali sulla base dello stesso decreto

di Lucia Izzo - Il creditore, a seguito del pagamento per intero da parte del debitore della somma contenuta nel decreto ingiuntivo, non potrà intimare precetto, sulla base dello stesso decreto, per il pagamento delle spese sostenute dopo la sua emissione essendo il debito per sorte capitale ormai integralmente saldato.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 2242/2019 (qui sotto allegata) accogliendo parzialmente il ricorso dell'INPS che, in forza di sentenza del giudice del lavoro, aveva corrisposto all'avvocato un importo a saldo dei compensi distratti in suo favore (1.310,00 euro).

Il caso

Successivamente, la professionista aveva determinato le proprie spettanze in una somma minore a quella ricevuta (1.274,13 euro), aggiungendovi dei compensi autoliquidati per un atto di precetto redatto solo successivamente al pagamento da parte dell'INPS dell'importo maggiore di quanto la stessa creditrice riconosceva esserle dovuto in forza della sentenza.


L'avocato, quindi, aveva intimato il pagamento della differenza e per tale importo aveva proceduto a pignoramento presso terzi ai danni dell'Istituto previdenziale. In sede di opposizione all'esecuzione, l'INPS deduceva di aver estinto integralmente il debito in data anteriore alla redazione dell'atto di precetto e che, pertanto, le spese di quest'ultimo atto (che, nella sostanza, esaurivano la somma intimata) non erano dovute.


Nonostante il giudice dell'esecuzione avesse ritenuto non dovute le somme autoliquidate dall'avvocato nell'atto di precetto, a seguito di opposizione la professionista riusciva a spuntarla e veniva quantificato come ancora dovuto dall'INPS un importo parti a 1.331,16 euro, nonché una somma ulteriore per onorari e spese vive, oltre accessori.

Decreto ingiuntivo pagato per intero? Niente precetto per le sole spese

Da qui il ricorso in Cassazione con cui l'Istituto deduce violazione dell'art.480 c.p.c. per avere la sentenza impugnata ritenuto che, dopo il pagamento da parte dell'INPS delle spese legali liquidate nel verbale di conciliazione, l'avvocato distrattario della parte vittoriosa potesse intimare, con l'atto di precetto, il pagamento di ulteriori diritti e onorari relativi ad attività poste in essere successivamente all'emissione del titolo esecutivo e non liquidate nel medesimo.


Un motivo che per gli Ermellini è fondato: allorché il debitore abbia pagato per intero la somma indicata nel decreto ingiuntivo, spiegano i giudici, comprensiva degli interessi e delle spese processuali liquidate nel provvedimento monitorio, il creditore non potrà, successivamente a tale pagamento, intimare precetto, sulla base dello stesso decreto, per il pagamento delle spese processuali sostenute dopo la sua emissione e necessarie per la notificazione, dovendo, per tali spese, esperire semmai l'azione di cognizione ordinaria (Cass. n. 9807/2015).


Nella specie, il pagamento da parte dell'INPS. era avvenuto il 12 febbraio 2010, mentre il titolo munito di formula esecutiva è stato notificato in data 14 giugno 2013. Quindi, conclude la Corte, non possono essere legittimamente richieste le spese relative all'atto di precetto redatto quando il debito per sorte capitale era stato oramai già integralmente saldato.


Decidendo la causa nel merito, la Corte rigetta l'opposizione proposta dall'avvocato e la condanna al pagamentodelle spese di tutti i gradi di giudizio.

Scarica pdf. Cass., VI civ., ord. 2242/2019

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