Per la Cassazione commette reato di molestia alle persone il condòmino che suona ripetutamente il citofono senza motivo se non disturbare

di Annamaria Villafrate - Commette reato di molestia e disturbo alle persone ai sensi dell'art. 660 c.p chi suona ripetutamente il citofono dei vicini, bussa alla porta anche di notte e cosparge olio e sostanze corrosive sul pianerottolo, solo per disturbare. Ad affermarlo l'ordinanza n. 58085/2018 della Corte di Cassazione (sotto allegata), che ritiene inammissibile il ricorso dell'imputato, considerato che non ci sono ragioni per dubitare delle testimonianze rese nel corso del giudizio di merito.

La vicenda processuale

Il Tribunale condanna l'imputato alla pena dell'ammenda di 500 euro per il reato di molestia e disturbo alle persone (art. 660 c.p) e al risarcimento dei danni da liquidarsi in sede civile alla persona offesa. Ricorre in appello l'imputato, denunciando la carenza di prove sulla sua colpevolezza, non essendo credibili le dichiarazioni della persona offesa e dei suoi congiunti, in quanto animati da sentimenti di astio nei suoi confronti. Visto che, avverso una sentenza di condanna alla sola pena pecuniaria per contravvenzione è possibile ricorrere solo in Cassazione, l'appello è da ritenersi correttamente trasmesso alla corte di legittimità.

Molesta e disturba le persone chi suona e bussa ripetutamente ai vicini

La Cassazione però, con ordinanza n. 58085/2018 dichiara il ricorso inammissibile perché propone una versione dei fatti in contrasto con quella risultante dalla sentenza di primo grado, visto che, come risulta da detta pronuncia "l'imputato, sin da quando la famiglia (omissis) si era trasferita nell'appartamento confinante con quello dello (omissis), aveva attuato una serie di sistematiche molestie, azionando ripetutamente il citofono corrispondente all'abitazione dei vicini, in orario notturno e più volte consecutivamente, bussando alla porta dell'abitazione, cospargendo il pianerottolo di olio e di sostanze corrosive, condotte non aventi altro scopo se non quello di disturbare e molestare." La Corte ritiene che non c'è motivo di dubitare delle testimonianze rese dai familiari di parte civile

e da un altro condomino presente al momento di alcuni dei fatti descritti. I fatti integrano quindi senza dubbio il reato contestato. Dal comportamento traspare infatti l'intenzione di molestare e disturbare, senza nessuna giustificazione, se non ostilità nei confronti di tutti i testi.

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