La legge n. 76 del 2016 non prevede l'obbligo di fedeltà escludendo le possibili ipotesi risarcitorie di danni c.d. endofamiliari

Avv. Giuseppe Fidaleo - Il dovere di fedeltà non sussiste per le unioni civili e per le convivenze more uxorio con conseguente superamento dell'obbligo regolato dal titolo VI del codice civile in cui le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.

Analizziamo e confrontiamo gli aspetti e le conseguenze:

Diritti e doveri dei coniugi

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L'art. 143 codice civile vigente, rubricato "Diritti e doveri reciproci dei coniugi", prevede che con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.

Secondo la giurisprudenza ormai consolidata, l'obbligo di fedeltà consiste non solo nell'obbligo per i coniugi di astenersi da rapporti sessuali con altra persona ma anche nell'impegno a non tradire la fiducia reciproca; oltre che una regola morale dal particolare valore sociale quindi, si configurerebbe come una regola di condotta imperativa (simile al ruolo ricoperto dalla buona fede in ambito contrattuale), la cui violazione assume rilevanza come fonte per la imputazione della responsabilità della separazione ad uno dei coniugi.

Superamento obbligo di fedeltà nelle unioni civili e nelle convivenze

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L'obbligo reciproco di fedeltà tra i coniugi previsto dal già citato art. 143 c.c. non è richiamato dal testo della legge n. 76/2016 (c.d. legge Cirinnà) in materia di unioni civili e di convivenze; quest'ultima, infatti, prevede l'obbligo di assistenza morale e materiale, mentre la coabitazione è l'obbligo principale che deriva dall'unione: superando un obbligo da sempre posto alla base di un qualsiasi legame sociale.

Inoltre la legge prevede che ciascuna parte contribuisca, in relazione alle proprie possibilità (sia economiche che di capacità professionali e casalinghe) ai bisogni comuni; tra i doveri derivanti dall'unione c'è anche quello di fissare una residenza comune e concordare l'indirizzo della vita familiare.

Secondo alcuni autori si tratterebbe di una scelta meramente politica; tale rimozione sarebbe stata fatta con l'intento di non voler equiparare in modo totale l'unione civile omosessuale al matrimonio eterosessuale facendo così venir meno un elemento di forte analogia con il matrimonio, lasciando intendere una supremazia della famiglia basata sul matrimonio tradizionale.

Altra parte della dottrina, invece, ritiene che la previsione o meno di tale obbligo non muta la sostanza che l'unione debba essere per forza fondata sulla fedeltà tra le parti; per i fautori di tale ricostruzione, l'obbligo di fedeltà sarebbe comunque insito nella stessa unione.

Violazione dei principi costituzionali?

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Tale differenziazione tuttavia genera dubbi di diseguaglianza e di disparità di trattamento a parità di condizioni; infatti potrebbero emergere problemi dal punto di vista della violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost. e dei diritti fondamentali di cui all'art. 2 Cost. Una coppia omosessuale potrebbe cercare di portare la questione davanti alla Corte Costituzionale sostenendo che questa rappresenta una discriminazione.

La Carta Costituzionale infatti, a differenza del codice civile vigente che riconosce un modello di famiglia patriarcale, gerarchica (c.d. famiglia istituzione), richiama un concetto di famiglia funzionale e personalistica: la "famiglia comunità", che perde la sua connotazione patriarcale per dare rilevanza ad un singolo individuo, alla persona.

La famiglia comunità riconosciuta dalla Costituzione pone in primo piano la tutela dell'individuo; il nucleo familiare viene salvaguardato come bene fondamentale in quanto la sua difesa è funzionale alla realizzazione di aspetti legati alla personalità dell'individuo. Quindi, una protezione funzionale alla tutela della persona, come si ricava dal già citato art. 2 Cost..

Il risarcimento del danno: la mancanza di tutela al di fuori del matrimonio

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Inoltre, il rispetto della dignità e del coniuge nel modello di famiglia comunità assume i connotati di un diritto inviolabile, la cui lesione da parte dell'altro coniuge costituisce il presupposto logico della responsabilità civile.

Secondo la giurisprudenza moderna, in presenza di condotte poste in essere in violazione degli obblighi coniugali (ma anche genitoriali), ai tipici strumenti di tutela propri del sistema familiare (separazione, sequestro dei beni, ecc.) si affianca il rimedio generale di tutela ex art. 2043 codice civile.

Si tratta di ipotesi risarcitorie di danni c.d. endofamiliari, caratterizzate dalla sussistenza di un rapporto di natura familiare, para-familiare o matrimoniale ex art. 143 c.c. e ss. che sussiste tra danneggiato e danneggiante già prima dell'illecito, che rimangono comunque obbligazioni risarcitorie di natura originaria; peculiarità fondamentale della responsabilità aquiliana.

L'infedeltà, principale causa delle crisi familiari, cagiona la lesione alla dignità ed all'onore del coniuge tradito, rappresentando un illecito civile suscettibile di risarcimento danni per una costante giurisprudenza della Cassazione (ex multis, Cass. civ. Sez. I, 1 giugno 2012, n. 8862) e che, inoltre, può essere causa di addebito in caso di separazione; infatti determinando l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale (cfr. Cassazione civile, sez. VI-1, ordinanza 03/09/2018 n° 21576).

Oltre tutto, antecedentemente alla legge Cirinnà, nel 2013 la Cassazione aveva già statuito che anche all'interno di un'unione di fatto è configurabile la violazione dei diritti fondamentali della persona, purché essa abbia le caratteristiche della stabilità e serietà, "…in considerazione dell'irrinunciabilità del nucleo essenziale di tali diritti, riconosciuti, ai sensi dell'art. 2 Cost., in tutte le formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell'individuo" (Cass. civ. n. 15481/2013).

Non essendo equiparato totalmente al vincolo matrimoniale, l'unione civile potrebbe non riconoscere la possibilità di un'eventuale esperimento di tale azione a nessuno dei due coniugi in caso di violazione dell'obbligo di fedeltà, proprio perché tale obbligo non è previsto, dimostrando una evidente mancanza di tutela per tutte le stabili formazioni sociali, composte da due persone, costituite al di fuori del Matrimonio.

Avv. Giuseppe Fidaleo

mail gfidaleo@inwind.it

L'Avvocato Giuseppe Fidaleo, civilista e penalista, ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza, vecchio Ordinamento, presso l'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.

Dal 2010 collabora come cultore della materia dapprima con il Chiar.mo prof. Alessandro D'Avack quindi con il prof. avv. Alessandro Bucci all'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, Facoltà di Giurisprudenza, nella preparazione, partecipazione e collaborazione alle lezioni; supporto ai colloqui - ricevimenti formativi con gli studenti; partecipazione e collaborazione agli esami universitari, supporto ai tesisti nella stesura della tesi di laurea, nelle materie: Diritto Ecclesiastico, Diritto Canonico e Storia del Diritto Canonico.

Autore di articoli scientifici giuridici.


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