di Lucia Izzo - Per il risarcimento del danno da incapacità lavorativa specifica, è necessario dimostrare che la riduzione della capacità lavorativa si sia tradotta in un effettivo pregiudizio economico.
Il reddito effettivamente perduto dalla vittima funge da base per liquidare il danno, mentre il criterio del triplo della pensione sociale può essere utilizzato soltanto quando le entrate del danneggiato sono tanto modeste o sporadiche da renderlo assimilabile a un disoccupato.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell'ordinanza n. 4557/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un uomo che aveva avanzato domanda risarcitoria, solo parzialmente accolta, in relazione ai danni subiti in conseguenza del sinistro stradale.
In particolare, l'incidente era derivato dalla collisione fra il motociclo da lui condotto e un'autovettura priva di copertura assicurativa. La Corte territoriale, tuttavia, non ha riconosciuto al motociclista il danno patrimoniale relativo alla perdita della capacità lavorativa specifica.
Risarcimento del danno da incapacità lavorativa specifica
Sul punto, gli Ermellini richiamano e danno seguito ad alcuni principi in materia di risarcimento del danno da incapacità lavorativa specifica.
In particolare, spiega la Corte, l'accertamento di postumi, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta automaticamente l'obbligo del danneggiante di risarcire il pregiudizio patrimoniale conseguente alla riduzione della capacità di guadagno derivante dalla diminuzione della predetta capacità e, quindi, di produzione di reddito.
Ai fini della risarcibilità di un siffatto danno patrimoniale, occorre la concreta dimostrazione che la riduzione della capacità lavorativa si sia tradotta in un effettivo pregiudizio economico (cfr. Cass. 3290/2013).
Inoltre, precisa la Corte, la liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa, patito in conseguenza di un sinistro stradale da un soggetto percettore di reddito da lavoro, deve avvenire ponendo a base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima, e non il triplo della pensione sociale.
Il ricorso a tale ultimo criterio, ai sensi dell'art. 137 Cod. delle Ass., può essere consentito solo quando il giudice di merito accerti, con valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità, che la vittima al momento dell'infortunio godeva sì un reddito, ma questo era talmente modesto o sporadico da rendere la vittima sostanzialmente equiparabile ad un disoccupato (cfr. Cass. 8896/2016).
Infine, quando, agli effetti del risarcimento, si debba considerare l'incidenza dell'inabilità temporanea o dell'invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito da lavoro maggiorato dei redditi esenti e delle detrazioni di legge e, per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto risultante più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche degli ultimi tre anni (cfr. Cass. 11579/2018).
Niente risarcimento se non è prodotta la documentazione reddituale
Nel caso di specie, al fine di ottenere la liquidazione del danno patrimoniale derivante dal periodo di invalidità temporanea accertato (60 per la totale + 30 per la parziale), il motociclista avrebbe dovuto specificamente indicare l'avvenuta produzione della documentazione reddituale riguardante gli ultimi tre anni ed i contenuti ad essa relativa, decisivi per la valutazione della censura proposta.
Invece, il ricorrente ha omesso del tutto di trascrivere le risultanze della documentazione fiscale degli ultimi tre anni e/o di indicare la sede processuale nella quale detti documenti possono essere rinvenuti.
Neppure spetta al ricorrente il risarcimento per la svalutazione della moto: la pretesa, essendo riferita a un ulteriore importo rispetto alla somma già specificamente liquidata per il risarcimento dei danni subiti dal mezzo incidentato, doveva contenere l'indicazione dei parametri ai quali riferirsi per giungere a valutare credibilmente la svalutazione, non potendosi ricorrere alla valutazione equitativa nei casi di mancato assolvimento degli oneri di allegazione e prova sul punto.
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