Nello specifico risulta preminente la questione della uscita di un coniuge dal contratto, in quanto non più interessato a far fronte ai costi rivenienti dal mutuo.
Tale circostanza si verifica appunto quando il coniuge che vorrebbe svincolarsi dal contratto si trovi nella necessità di prendere in locazione un altro immobile, o, più semplicemente, faccia valere l'avvenuta attribuzione all'altro coniuge del diritto di proprietà della casa coniugale o del diritto personale di godimento di abitazione della stessa.
Mutuo cointestato: le possibili soluzioni in caso di separazione o divorzio
Sul punto si osserva come le soluzioni possibili possano essere diverse.
Prima soluzione
Una strada, può rivelarsi quella per cui un solo coniuge continua a pagare la propria quota parte di rata - se non addirittura quella di accollarsi per intero la rata - per portare il relativo importo in ideale detrazione dell'ammontare dell'assegno di mantenimento. Su tale previsione deve però essere fatta espressa menzione nell'accordo consensuale di separazione.
Si rammenta che della via sopra indicata vi è traccia nelle decisioni della Suprema Corte, laddove si è considerata la mancata restituzione delle rate a suo tempo versate dall'ex coniuge. Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, il versamento per intero da parte del marito della rata di mutuo relativa ad immobile adibito ad abitazione esclusiva della ex moglie incide sulla quantificazione dell'assegno coniugale.
Il pagamento delle rate residue di mutuo può essere imposto dal giudice stesso, come forma di contribuzione dell'ex coniuge al mantenimento dei figli: "In tema di separazione personale dei coniugi, il giudice può legittimamente imporre a carico di un genitore, quale modalità di adempimento dell'obbligo di contribuire al mantenimento dei figli, il pagamento delle rate del mutuo contratto per l'acquisto della casa familiare, trattandosi di voce di spesa sufficientemente determinata e strumentale alla soddisfazione delle esigenze in vista delle quali detto obbligo è disposto" (Cassazione civ., 3.9.13, n. 20139).
Si rileva appunto, che la banca è soggetto estraneo al verbale di separazione e appunto - in caso di inadempimento del marito - potrebbe agire anche nei confronti della moglie assegnataria, in quanto pur sempre cointestataria del mutuo a suo tempo stipulato.
Tale pattuizione intercorrente tra i coniugi, rispetto all'istituto di credito, si configura infatti come un accollo interno e quindi inopponibile al creditore che non vi ha aderito.
Seconda soluzione
Altra strada percorribile potrebbe essere quella della vendita del cespite immobiliare e della conseguente estinzione del mutuo. Tuttavia, aderire a detta opzione comporta la perdita della casa e - specialmente in presenza di figli minori - può determinare diversi inconvenienti specialmente alla prole. Per altro verso invece questa ipotesi risulta pregevole nei casi in cui l'immobile sia eccessivamente ampio per il coniuge e i figli, nonché troppo costose le spese di gestione corrente e gli oneri relativi al medesimo. E' evidente però, che soltanto la valutazione delle circostanze concrete della fattispecie potrà risultare determinante per assumere la migliore decisione in proposito.Terza soluzione
Un'altra possibilità risiede nell'estinzione del mutuo da parte di entrambi i coniugi mediante corresponsione delle rate residue. Ciò si apprezza allorché le rate rimaste siano poche e i coniugi intendano preservare per i figli il cespite. Nel qual caso, si potrà prevedere anche la cessione a titolo oneroso della quota di comproprietà a favore del coniuge assegnatario. Naturalmente, nel caso in cui il mutuo sia stato stipulato da poco una simile soluzione non risulta praticabile e deve essere quindi trascurata.
Quarta soluzione
Un'altra soluzione per svincolarsi può concretizzarsi nella uscita di uno dei coniugi dal mutuo e nella contestuale cessione della propria quota di proprietà all'altro, il quale, pertanto, diventa proprietario esclusivo della casa e unico titolare del contratto.
In virtù delle considerazioni su riferite, una simile ipotesi è attuabile solo attraverso il diretto coinvolgimento dell'istituto di credito, il quale deve prestare il proprio assenso per perfezionare ciò. Dal punto di vista della banca, infatti, una prospettiva di questo genere si sintetizza nel valutare se il coniuge residuo ha un merito di credito tale da poter offrire garanzie circa l'adempimento delle rate residue di mutuo. Qualora infatti il coniuge cui spetterebbe l'esclusivo accollo del mutuo non sia capace di offrire tali garanzie, la banca non presterà il proprio consenso ed entrambi i coniugi resteranno obbligati alle originarie condizioni negoziali.
Infine, aspetto connesso alla predetta possibilità è poi quello relativo alla necessità, o meno, dell'intervento del notaio. Certamente quando il coniuge decide di cedere la propria quota all'altro va a operare una vendita di quota di proprietà di immobile, soggetta a trascrizione immobiliare ex art. 2643 c.c. che richiede appunto l'atto notarile.
Sul punto però si osserva che l'intervento del notaio può essere evitato solo se in sede di separazione consensuale si riesca a inserire nel relativo accordo una clausola completa di tutti i dati catastali del cespite: in questo modo sarà sufficiente solo l'intervento del giudice dell'omologa.
Su tale circostanza si annota infatti che diverse pronunce di legittimità sposano una simile soluzione: "Sono pienamente valide le clausole dell'accordo di separazione che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi al fine di assicurarne il mantenimento. Il suddetto accordo di separazione, in quanto inserito nel verbale d'udienza (redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato), assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell'art. 2699 c.c., e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo l'omologazione che lo rende efficace, titolo per la trascrizione a norma dell'art. 2657 c.c., senza che la validità di trasferimenti siffatti sia esclusa dal fatto che i relativi beni ricadono nella comunione legale tra coniugi" (Cassazione civ., 15.5.97, n. 4306).
Quinta soluzione
Ultima possibilità per uscire dal contratto è rappresentata della surrogazione o portabilità del mutuo, ossia il passaggio ad altro istituto di credito che comporti la modificazione del regolamento contrattuale del negozio stipulato in origine da tutti e due coniugi e la previsione di nuove condizioni negoziali, in base alle quali appaia mutuatario un solo coniuge e l'importo dovuto sia pari a quello che residuava da pagare durante il primo contratto di credito.
In pratica si tratta di una doppia variazione, appunto ricadente:
a) sul numero di mutuatari;
b) sul regolamento contrattuale.
Se pertanto l'originario mutuo era stato stipulato per 100 dai coniugi X e Y con la banca Z, si può effettuare la portabilità alla banca K del mutuo prevedendo che la somma presa a mutuo sia 50 dal solo Y. Detta operazione determina la cancellazione dell'originaria ipoteca iscritta a garanzia del mutuo fondiario ma l'applicazione degli attuali tassi variabili o fissi; è necessario inoltre far fonte alle relative spese notarili, i costi accessori della banca, le spese per l'iscrizione di una nuova ipoteca volontaria a garanzia del nuovo mutuo, l'assicurazione sul mutuo che si decida di stipulare, nonché - qualora si tratti di un mutuo acceso anteriormente al 2.2.07, - anche la eventuale penale per la sua estinzione anticipata.
Se al contrario il contratto sia stato sottoscritto successivamente a questa data, nessuna penale per estinzione anticipata può essere pretesa dall'istituto di credito, per espresso divieto legislativo (già ex d.l. 31.1.07, n. 7, convertito con modificazioni dalla l. 2.4.07, n. 40; cfr. oggi l'art. 120-quater, d.lgs. 1.9.93, n. 385).
Ovviamente questa soluzione può attuarsi solo previa adesione del nuovo istituto di credito, il quale, per sua parte, sarà disponibile ad accettare ciò solo qualora:
1) l'importo delle rate residue da pagare sia particolarmente basso, oppure,
2) il reddito del coniuge superstite sia così solido da rendere una garanzia sufficiente all'adempimento del residuo debito, pur ferma l'uscita dell'ex coniuge dal negozio quale mutuatario.
Avv. Giuliana Degl'Innocenti
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