di Lucia Izzo - L'apertura di credito concessa dalla banca è indice della solidità dell'attività commerciale svolta dal cliente il quale, pertanto, è ritenuto disporre dei mezzi per pagare l'assegno di mantenimento ai figli minori. In caso contrario incorrerà nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Tanto si desume dalla sentenza n. 9428/2019 (qui sotto allegata) con cui la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo, condannato a 20 giorni di carcere e 200 euro di multa per violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.), nonché al risarcimento del danno per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza a moglie e figlie minori.
Il caso
La Corte d'appello aveva dato atto della situazione di difficoltà economica del ricorrente, gravato da esposizioni debitorie dopo un'apertura di credito presso la banca e al prestito chiesto al fratello, ma aveva ritenuto vi fossero somme non risultanti dal conto corrente bancario.
Per la Corte territoriale, una situazione di difficoltà economica-finanziaria transitoria non sarebbe stata assimilabile a una condizione di oggettiva impossibilità assoluta ad adempiere ai propri obblighi di assistenza familiare, richiesta per escludere la sussistenza del reato.
Una conclusione confermata anche dalla Corte di Cassazione, secondo cui le argomentazioni del giudice a quo sono state incentrate sulla mancata allegazione di elementi idonei a far ritenere che l'imputato si fosse trovato nell'impossibilità assoluta di versare, nel pur breve periodo oggetto della contestazione, alcuna somma di denaro.
Anzi, l'importo del mantenimento della moglie e delle due figlie minori era stato stabilito proprio sulla base di un accordo preso in epoca prossima a quello stesso arco temporale considerato nell'imputazione.
Mantenimento: l'apertura di credito esclude l'indigenza economica dell'onerato
Gli Ermellini rammentano che le difficoltà economiche in cui versa l'obbligato non escludono la sussistenza del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, qualora non risulti provato che le difficoltà medesime si siano tradotte in uno stato di vera e propria indigenza economica e nell'impossibilità di adempiere, sia pure in parte, l'obbligazione.
D'altronde, incombe pur sempre all'imputato, come per tutte le cause di giustificazione del reato, l'onere di allegazione di idonei e convincenti elementi indicativi della concreta impossibilità di adempiere.
Le argomentazioni della sentenza impugnata si saldano con quelle della sentenza di primo grado, con riguardo alla ritenuta assenza di una condizione di oggettiva impossibilità ad adempiere: i giudici hanno tenuto conto dell'incontestata titolarità di una piccola impresa per l'installazione di impianti di riscaldamento che godeva di una buona redditività, e hanno ritenuto irrilevante le difficoltà di liquidità addotte dall'imputato per la mancata riscossione dei propri crediti vantati nei confronti dei propri clienti.
Tuttavia, nessuna illogicità o contraddittorietà è ravvisabile tra la riconosciuta situazione di difficoltà finanziaria e la possibilità di adempiere ai propri obblighi di assistenza familiare: le circostanze addotte dell'uomo dimostrano che egli godeva della possibilità di accesso al credito e quindi disponeva dei mezzi per pagare, essendo dato di comune esperienza che l'apertura di credito, soprattutto se bancario, è indice di affidabilità della solidità economica-finanziaria dell'attività commerciale svolta.
Scarica pdf Cass., VI pen., ord. 9428/2019