di Lucia Izzo - È legittimo l'arresto in flagranza nei confronti del marito che ha chiuso la moglie fuori al balcone di casa per oltre mezz'ora, al punto che la donna aveva avuto un malore ed era stato lo stesso indagato del reato di violenza privata a chiamare i carabinieri.
In particolare, in sede di convalida dell'arresto
, il G.I.P. dovrà limitarsi a verificare l'operato della P.G. considerando che l'arresto facoltativo in flagranza, consentito solo se la misura è giustificata dalla gravità del fatto oppure dalla pericolosità del soggetto (desunta dalla sua personalità e dalle circostanze del fatto), non impone alla polizia il dovere di indicare le ragioni che determinano la scelta, essendo sufficiente che l'autorità giudiziaria sia posta in condizioni di verificare, dall'integrale contesto descrittivo che precede e segue la coercizione, ovvero da atti a esso complementari, le ragioni che hanno determinato l'arresto e, quindi, l'osservanza dei parametri legali indicati dall'art. 391 del codice di procedura penale.Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 9737/2019 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso del P.M. contro l'ordinanza del GIP del Tribunale che non aveva convalidato l'arresto in flagranza operato dai carabinieri nei confronti di un uomo sul quale pendono sospetti di violenza privata nei confronti della ex moglie convivente.
Il caso
L'indagato aveva chiuso la donna sul terrazzo dell'abitazione, lasciandola ivi confinata per circa mezz'ora, al punto che la stessa aveva accusato un malore. Lo stesso indagato aveva quindi contattato gli agenti che poi erano intervenuti sul posto assieme al personale sanitario che, dopo un primo intervento, avevano trasportato la signora in ospedale.
Nei confronti dell'ex coniuge convivente era scattato l'arresto nella fragranza del reato di violenza privata, ancora in atto al momento dell'intervento della P.G. in quanto l'uomo aveva proseguito a ingiuriare la donna in loro presenza.
Il G.I.P., tuttavia, non convalidava l'arresto ritenendo si fosse trattato di un dissidio familiare senza rischi concreti per la persona offesa e, inoltre, trattandosi di arresto facoltativo, esso non era ritenuto giustificato né dalla gravità del fatto (poiché fu lo stesso indagato a chiedere l'intervento dei carabinieri), né dalla personalità dell'indagato, ottantenne e incensurato.
Una conclusione contestata dal P.M. che accusa il giudice a quo di aver "esorbitato dai limiti del proprio potere di controllo su astratta legittimità dell'operato della polizia giudiziaria, sostituendosi nelle valutazioni rimesse all'organo deputato". In particolare, il Procuratore sottolinea come la coazione a danno della ex moglie convivente si fosse protratta per oltre mezz'ora, provocandole un malore e il ricovero ospedaliero.
Quanto alla personalità dell'indagato, il P.M. rileva che l'uomo era gravato da numerosi precedenti emergenti solo dalla banca dati delle Forze di Polizia in quanto, in ragione dell'età, al compimento dell'ottantesimo anno le iscrizioni nel casellario giudiziale erano state eliminate (cfr. art. 5, comma 1, D.P.R. 313/2002). E al G.I.P. questi precedenti erano stati comunicati.
Arresto facoltativo in flagranza: la verifica in sede di convalida
Gli Ermellini rammentano che, in tema di arresto facoltativo in flagranza, al giudice della convalida spetta il controllo, oltre che dei presupposti formali dell'arresto, anche delle condizioni di legittimità, ex art. 381 del codice di rito.
Tale controllo è da intendersi limitato a una verifica di mera ragionevolezza, ponendosi nella medesima situazione di chi ha operato l'arresto, onde verificare, con riferimento agli elementi conosciuti in quel momento, se la valutazione di procedere all'adozione della misura precautelare resti nella discrezionalità della polizia giudiziaria e trovi, quindi, ragionevole motivo nella gravità del fatto ovvero nella pericolosità del soggetto.
Il controllo non va esteso, invece, alla verifica della sussistenza né della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari (valutazione riservata all'applicabilità delle misure cautelari) né dei presupposti per la affermazione di responsabilità del prevenuto (cfr. ex multis Cass., n. 7470/2017) che, per la complessità dei canoni di riferimento, deve ritenersi riservato al giudice della cognizione, né sostituendo a un giudizio ragionevolmente fondato una propria differente valutazione.
Arresto in flagranza: gravità del fatto o pericolosità del soggetto
Nel caso di specie, il ricorso del P.M. trova accoglimento stante l'erroneità dei criteri di accertamento della legittimità dell'arresto in flagranza utilizzati dal giudice per le indagini preliminari.
Questi, anzichè limitarsi alla verifica dell'operato della polizia giudiziaria secondo i descritti parametri, ha sovrapposto una propria valutazione al giudizio operato dalla P.G. in presenza di un'azione coattiva ancora in corso al momento dell'intervento, e, comunque, connotata di oggettiva gravità in quanto posta in essere ai danni dell'ex coniuge, convivente e anziana, tanto da essere stata colta da malore.
Inoltre, rammenta la Cassazione, non è necessaria la presenza congiunta della gravità del fatto e della pericolosità del soggetto, purché ricorra almeno uno dei due parametri (cfr. Cass., n. 10916/2012). Inoltre, come segnalato dal Procuratore impugnate, è anche erronea l'affermazione di incensuratezza dell'indagato, valorizzata dal giudice per ritenere ingiustificato l'arresto anche sotto il profilo della pericolosità del soggetto.
Scarica pdf Cass., V pen., sent. n. 9737/2019• Foto: 123rf.com