di Annamaria Villafrate - Il prestanome è una figura spesso utilizzata da quelle persone che, per qualche motivo, non vogliono o non possono ricoprire certi ruoli o incarichi. Il prestanome però non è sempre una figura da associare all'ambito dell'illecito. Il Trust ad esempio è un contratto che prevede il ricorso a un prestanome. In ambito penale inoltre, diverse sentenze, tra cui una molto recente, affermano che affinché il prestanome possa essere considerato penalmente responsabile, deve conoscere ed essere consapevole del comportamento illecito del soggetto che di fatto svolge le sue attività, utilizzando il suo nome. Non solo, come ha precisato la sentenza n. 9856/2019 se un soggetto lo fa per affetto, ovvero per dare la possibilità a un parente di svolgere un'attività che, diversamente, non potrebbe, non può essere ritenuto penalmente responsabile.
Indice:
- Chi è il prestanome
- Trust: il prestanome previsto dalla legge
- Responsabilità del prestanome
- Non è condannabile il prestanome se lo fa per "affetto"
Chi è il prestanome
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Secondo il Dizionario Treccani il prestanome è la "Persona che dà il proprio nome, che cioè firma in luogo di altra persona il cui nome non può o non deve comparire; il termine si usa sia con riferimento a chi firma atti pubblici, obbligazioni e sim., sia con riferimento a chi firma articoli, opere letterarie, progetti, scritti di vario genere."
Comunemente invece per "prestanome" si intende il soggetto che assume solo formalmente una certa carica (amministratore, socio, ecc.) senza esercitarne, di fatto, le funzioni. Egli, come dice propriamente il termine, presta solo il suo nome, ma concretamente non svolge alcuna attività legata al ruolo che ricopre. Le ragioni per cui in genere alcuni soggetti ricorrono a un prestanome sono legate a motivi di convenienza o opportunità. In genere ricorrono a un prestanome coloro che non possono per legge ricoprire certe cariche (soggetto fallito o condannato penalmente). In realtà non è infrequente che il prestanome venga utilizzato anche come scudo, per non subire magari le conseguenze di un investimento rischioso.
Trust: il prestanome previsto dalla legge
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Il prestanome non è una figura sempre e comunque legata a vicende illecite. Ci sono dei casi in cui la legge consente a un soggetto di prestare il nome per un altro.
Esempio tipico è il Trust. In virtù di questo contratto, assolutamente lecito, è infatti possibile intestare un bene (una casa, un terreno, ecc.) a un soggetto fiduciario, il quale ne diventa proprietario, con l'obbligo contrattuale di amministrarlo per un certo periodo e di restituirlo alla scadenza concordata.
Responsabilità del prestanome
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Chiaro che il prestanome, ovvero colui che mette il nome e la faccia in un certo senso, non è esente da responsabilità, nel caso in cui il soggetto "coperto" commette qualche guaio. Il prestanome inevitabilmente ne pagherà le conseguenze, sia civili che penali.
Responsabilità civile
In ambito civile la figura del prestanome viene spesso impiegata per ricoprire il ruolo di socio, all'interno di società di persone o di capitali. Ora, nel secondo caso, visto che i debiti della società restano separati da quelli della persona giuridica (fatta eccezione per i soci accomandatari delle S.a.p.a) il prestanome di fatto non rischia nulla. Naturalmente, a meno che non si impegni personalmente in qualità di garante (fideiussione).
Discorso diverso per quanto riguarda le società le persone. In questi casi, infatti, sia che si tratti di società semplice, in nome collettivo o in accomandita semplice (fatta eccezione per gli accomandanti) il prestanome che si assume impegni obbligazionari per la società corre il rischio di subire procedure esecutive.
Responsabilità penale
Più delicata è la questione della responsabilità penale del prestanome. Secondo la giurisprudenza della Cassazione, egli può essere ritenuto responsabile se ha contribuito, attraverso atti commissivi od omissivi, alla realizzazione dell'illecito o se è consapevole del fatto che il soggetto agisce, "in suo nome" sta commettendo un reato.
La sentenza n. 7742/2018 ad esempio, in un caso di bancarotta fraudolenta ha precisato infatti che: "la responsabilità dell'amministratore formale, che risulti solo un prestanome (…) nasce dalla violazione dei doveri di vigilanza e di controllo che, a loro volta, derivano dalla accettazione della carica, cui però va aggiunta la dimostrazione non solo astratta e presunta ma effettiva e concreta della consapevolezza dello stato delle scritture, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari o, per le ipotesi con dolo specifico, di procurare un ingiusto profitto a taluno."
In materia di reati fiscali, sempre la Cassazione, con sentenza n. 37359/2019, ha affermato che ai fini della condanna per evasione va provato il dolo specifico (nella fattispecie è stato assolto l'"uomo di paglia" del fratello in assenza della prova del dolo specifico dell'evasione).
Non è condannabile il prestanome se lo fa per "affetto"
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Per quanto riguarda la responsabilità penale della "testa di legno", si segnala la sentenza n. 9856/2019 (sotto allegata). Essa, in linea con quanto suddetto sostiene che per ritenere un amministratore di diritto responsabile penalmente, è necessario verificare in che modo egli è coinvolto nelle vicende societarie. Occorre appurare in concreto se egli ha preso parte alla gestione della società, ha svolto delle attività o abbia percepito i frutti delle attività illecite messe in atto.
Secondo gli Ermellini "non può farsi a meno di distinguere tra la condizione di chi, dietro compenso, si presti a fare da parafulmine rispetto a gestori di fatto del tutto estranei (la cd. testa di legno) e chi, per motivi affettivi o morali, si presti ad assumere la carica di amministratore al fine di consentire lo svolgimento di un'attività imprenditoriale a soggetti che, altrimenti, ne sarebbero impediti. (…) un'indagine specifica sull'atteggiamento psicologico dell'amministratore di diritto serve ad evitare automatismi sanzionatori contrastanti, per quanto si è detto, col principio della responsabilità penale personale."
Scarica pdf Cassazione sentenza n. 9856-2019• Foto: 123rf.com