di Annamaria Villafrate - La sentenza n. 34/2019 (sotto allegata) della Consulta dichiara incostituzionale l'art. 54 co. 2 Dl n. 112/2008 che prevede l'istanza di prelievo come condizione di procedibilità per la presentazione della domanda di equo indennizzo della Legge Pinto. Tale misura infatti, con consente, come richiesto dalla CEDU, l'effettiva accelerazione dei procedimenti instaurati per ottenere l'equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo.
L'istanza di prelievo non accelera i processi
La Corte di Cassazione rimette alla Consulta la questione d'illegittimità costituzionale, sollevata da quindici ordinanze, del comma 2 art 54 del Dl n112/2008 che così dispone: "La domanda di equa riparazione non e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'articolo 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione."
L'art 54 co 2, a giudizio della Cassazione, si pone in contrasto con l'art. 117 co 1 della Costituzione e con i parametri previsti dagli artt. 6, par. 1, 13 e 46, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848.
Per la Corte di legittimità il diritto all'equa riparazione per violazione dell'art. 2, comma 1, della legge Pinto n. 89 /2001 non può essere impedito dall'assolvimento della condizione di proponibilità dell'istanza di prelievo, considerato che la stessa non consente un'effettiva "accelerazione della decisione di merito in ordine ai ricorsi formulati ai sensi dell'art. 3 della legge n. 89 del 2001."
Non serve l'istanza di prelievo per fare domanda di equa riparazione
La Consulta, condividendo i rilievi della Cassazione ritiene fondata la questione. In effetti, costante giurisprudenza della Corte Europea ritiene che "i rimedi preventivi, volti ad evitare che la durata del procedimento diventi eccessivamente lunga, sono ammissibili, o addirittura preferibili, eventualmente in combinazione con quelli indennitari, ma ciò solo se "effettivi" e, cioè, nella misura in cui velocizzino la decisione da parte del giudice competente."
La sentenza Olivieri e altri contro Italia del 22/02/2016 della CEDU, che affronta il tema dell'effettività del rimedio previsto dalla legge n. 89/2001, soggetto alla condizione di proponibilità dell'art. 54, comma 2, del d.l. n. 112/2008 fissa il principio secondo cui: "la procedura nazionale per lamentare la durata eccessiva di un giudizio dinanzi al giudice amministrativo, risultante dal combinato disposto della "legge Pinto" con la disposizione stessa, non possa essere considerato un rimedio effettivo ai sensi dell'art. 13 della CEDU. Ciò soprattutto sul rilievo che il sistema giuridico nazionale non prevede alcuna condizione volta a garantire l'esame dell'istanza di prelievo."
In effetti è con tale principio che il co. 2 dell'art. 54 del DL n. 112/2008 contrasta, visto che "non costituisce un adempimento necessario ma una mera facoltà del ricorrente (ex art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, la parte -può - segnalare al giudice l'urgenza del ricorso)."
Indennizzi anche senza istanza
Poiché l'istanza di prelievo costituisce un adempimento puramente formale, la sua mancata presentazione non può condizionare la proponibilità della domanda d'indennizzo. Esso infatti non raggiunge l'obiettivo di contenere la durata del processo, né permette il raggiungimento di quello risarcitorio, al limite, può influenzare solo la quantificazione dell'indennizzo.
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