di Valeria Zeppilli - Se manca il consenso informato, i sanitari sono tenuti a risarcire il paziente delle conseguenze dannose derivate da un intervento anche se questo è stato correttamente eseguito e tale correttezza è stata accertata in giudizio.
Il principio emerge dalla recente ordinanza numero 6449/2019 della Corte di cassazione, pubblicata il 6 marzo e qui sotto allegata.
La vicenda
Tale argomentazione, nel caso di specie, è stata posta alla base della condanna al risarcimento del danno inflitta a un'università e a un medico, per un intervento chirurgico mal riuscito.
Dinanzi alla Corte di cassazione, l'Università aveva tentato di ribaltare le proprie sorti rilevando che i giudici del merito avrebbero fatto un erroneo uso delle regole sul consenso informato, applicando retroattivamente le norme dettate dall'articolo 1, comma 2, lettera c) della legge n. 281/1998 e dall'articolo 5 della convenzione di Oviedo ratificata con legge numero 145/2001.
La vicenda oggetto di contenzioso, infatti, si era verificata precedentemente.
Per il consenso non serve una previsione specifica
Per la Corte di cassazione, tuttavia, tale argomentazione risulta priva di fondamento.
La necessità del consenso informato del paziente, infatti, anche prima dell'entrata in vigore delle predette norme era desumibile dai principi generali dell'ordinamento.
Essa, pertanto, non necessitava di una previsione specifica ed era quindi perfettamente valida anche all'epoca dell'intervento "incriminato".
Non essendo stata contestata in alcun modo l'affermazione della sentenza impugnata secondo la quale la mancanza di consenso informato doveva essere data per pacifica, quindi, le conseguenze della sua assenza restano e l'Università dovrà pagare, oltre a un cospicuo risarcimento, anche le spese del giudizio di cassazione.
Scarica pdf ordinanza Cassazione n. 6449/2019