di Elisabetta Vanni - Il recesso è un negozio unilaterale che consente ad ognuna delle parti di porre termine al contratto [1].
- Il recesso
- Cause e modalità di esercizio
- Indennità in caso di cessazione del rapporto di agenzia
- Eventuale fase giudiziale
Il recesso
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L'esercizio del diritto di recesso configura, dunque, l'esercizio di un vero e proprio diritto potestativo, che si traduce in una dichiarazione di volontà unilaterale e recettizia[2] e, come tale, produce efficacia da quando sia pervenuta all'indirizzo dell'agente, senza necessità di accettazione.
La disciplina delle modalità di risoluzione del contratto di agenzia si ritrova nel codice civile alle disposizioni di cui all'art. 1750 c.c. e ss. e nella contrattazione collettiva (Accordi Economici Collettivi-AEC).
Occorre, quindi, precisare che gli AEC risultano applicabili in deroga alla disciplina legale laddove le parti vi abbiano espressamente rinviato nel contratto o laddove le parti siano iscritte alle organizzazioni sindacali firmatarie degli accordi.
Cause e modalità di esercizio
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Per il contratto di agenzia a tempo indeterminato, possono aversi tre ipotesi di recesso dal rapporto:
a) recesso ordinario ex art. 1750 c.c.: ciascuna parte può esercitare in qualsiasi momento il recesso dando all'altra parte un congruo termine inderogabile di preavviso stabilito dall'art. 1750, comma 3 c.c. o dall'AEC (Accordo Economico Collettivo) del 2009, laddove quest'ultimi siano applicabili che non sia comunque inferiore a quello fissato dalla legge.
b) recesso straordinario per giusta causa ex art. 1751, comma 2 c.c.: il recesso può essere esercitato ex art. 1751 c.c. senza darne preavviso se in presenza di una giusta causa, cioè di un inadempimento dell'agente, il quale, per la sua gravità non consente la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto[3].
c) clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c.: ulteriore meccanismo risolutivo di carattere generale è la previsione di recesso in tronco qualora l'agente risulti inadempiente di specifici obblighi qualificati in contratto. La dottrina e la giurisprudenza sono infatti ormai unanimi nel ritenere applicabile l'istituto della clausola risolutiva espressa al contratto di agenzia, attribuendo dunque alle parti la facoltà di individuare obblighi contrattuali di particolare rilevanza. Tuttavia, seppur tale istituto ha come effetto giuridico quello di realizzare uno scioglimento immediato del vincolo contrattuale senza necessità di preavviso, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che l'operatività della stessa senza preavviso debba essere ancorata alla sussistenza di un inadempimento talmente grave da non permettere la prosecuzione del rapporto neanche temporanea[4]. In altri termini, il preponente potrà avvalersi della clausola risolutiva espressa solo laddove sussista una giusta causa di recesso nei termini di cui all'art. 2119 c.c.
Indennità in caso di cessazione del rapporto di agenzia
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Alla cessazione del rapporto è previsto il diritto dell'agente ad ottenere il pagamento di un'indennità dovuta a vario titolo in base alla disciplina applicabile al caso concreto.
Ciò nonostante, l'art. 1751, comma 4 c.c. fa comunque salva la possibilità all'agente di richiedere in ogni caso il risarcimento dei danni eventuali ed ulteriori per responsabilità da fatto illecito del preponente[5].
Indennità di fine rapporto
L'art. 1751 c.c. disciplina un'unica indennità di fine rapporto che il preponente sarà obbligato a corrispondere solo se:
- l'agente abbia procurato nuovi clienti o abbia sviluppato sensibilmente gli affari con i clienti esistenti ed il preponente ne abbia tratto vantaggio, e
- il pagamento sia equo tenendo conto delle provvigioni che l'agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.
È posta una misura massima per l'indennità e dunque non superiore ad un importo annuo calcolato sulla base della media delle provvigioni riscosse dall'agente negli ultimi cinque anni; invero, l'agente ha un termine di decadenza di un anno dalla risoluzione per richiederne la corresponsione.
Accanto all'ipotesi legale, si pone la disciplina prevista dagli AEC (Accordo Economico Collettivo) del 2009.
Agli artt. 11 e ss. è prevista un'indennità di fine rapporto che si compone di 3 diversi tipi di indennità, le cui modalità di calcolo sono ivi dettagliatamente descritte[6]:
1. indennità di risoluzione del rapporto (FIRR): è dovuta sempre nella misura determinata dagli AEC e deve essere accantonata annualmente presso il fondo di previdenza dell'ENASARCO. Al momento della risoluzione del rapporto, il preponente deve comunicare all'Ente la cessazione del rapporto, e quest'ultimo di conseguenza provvede automaticamente a versare all'agente l'indennità spettante. Tale somma è dovuta anche in caso di recesso secondo la disciplina legale.
2. indennità suppletiva di clientela (ISC): non è dovuta se il contratto si scioglie per fatto imputabile all'agente. Il preponente può scegliere di non corrispondere tale indennità a causa di un fatto imputabile all'agente, ma ne deve dare motivazione nella lettera di revoca del mandato;
3. indennità meritocratica: è eventuale, ovvero, è corrisposta solo se al momento della cessazione:
a. l'agente abbia procurato nuovi clienti o abbia sviluppato sensibilmente gli affari con i clienti esistenti ed il preponente ne abbia tratto vantaggio;
b. solo se, sommata alle altre due, non superi l'ammontare massimo stabilito dall'art. 1751 c.c., e dunque spetta solo per la differenza tra la misura massima e la somma delle altre due.
Indennità di mancato preavviso
Oltre a quanto sopra detto, l'agente potrà avere il diritto a godere dell'indennità sostitutiva di preavviso. Ciò, in prima battuta, solo se applicabili gli AEC o se espressamente pattuito dalle parti, poiché la disciplina legale non prevede la possibilità di sostituire il termine di preavviso con un indennizzo sostitutivo.
Tuttavia, dottrina e giurisprudenza ritengono che l'indennità di mancato preavviso sia dovuta sempre, ad eccezione della sola ipotesi di scioglimento per giusta causa[7]. Di recente, sul punto la Corte di Cassazione ha così affermato:"In tema di rapporto di agenzia, il recesso senza preavviso intimato da una delle parti attribuisce alla parte che subisce il recesso il diritto all'indennità sostitutiva del preavviso indipendentemente dall'effettiva sussistenza del pregiudizio che l'indennità in questione è destinata a ristorare, posto che tale indennità è prevista quale conseguenza automatica e predeterminata del recesso con effetto immediato, intimato dalla controparte, non assistito da giusta causa" (Cassazione civile sez. lav., 29/11/2017, n. 28524).
Così, secondo gli AEC, in caso di recesso senza preavviso, l'agente ha diritto al pagamento di un'indennità sostitutiva a titolo di risarcimento pari a tanti dodicesimi delle provvigioni di competenza dell'anno solare precedente quanti sono i mesi di preavviso dovuti.
Indennità di patto di non concorrenza
L'art 1751-bis c.c. [8], infine, attribuisce la facoltà al preponente di stipulare un patto di non concorrenza per un termine massimo di due anni successivi all'estinzione del contratto per una determinata zona territoriale.
In occasione dello scioglimento del rapporto, l'accettazione dell'agente del patto di non concorrenza, comporta la corresponsione da parte del preponente di un'indennità di natura non provvisionale.
La misura di tale indennizzo, può essere determinata dalle parti, tenuto conto degli AEC, e deve dipendere dalla durata del patto, dalla natura del contratto di agenzia e dall'indennità di fine rapporto. In difetto, sarà il giudice a determinarla secondo equità tenendo conto: della media dei corrispettivi riscossi dall'agente ed alla loro incidenza sul volume di affari, alle cause di cessazione del contratto, dall'ampiezza della zona assegnata, e dall'esistenza o meno del vincolo di esclusiva.
Ad ogni modo, gli AEC del 2009 stabiliscono precise modalità di computo cui riferirsi.
Eventuale fase giudiziale
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Un breve cenno merita, da ultimo, l'ipotesi di insorgere di una controversia in occasione del recesso in merito all'esecuzione del contratto ovvero alle sopraindicate indennità.
Da un lato, la disciplina codicistica rinvia allo strumento ordinario di azione avanti l'Autorità Giudiziaria.
Dall'altro lato, gli AEC prevedono, a pena di improcedibilità, l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione in sede sindacale presso la Commissione Paritetica Territoriale di conciliazione costituita presso le associazioni degli agenti di commercio. Laddove, poi, il tentativo abbia avuto esito negativo, ciascuna delle parti può promuovere il deferimento della controversia ad un Collegio Arbitrale, o alternativamente adire l'Autorità Giudiziaria.
[1] Così, A. Venezia, R. Baldi, Il contratto di agenzia, nona ediz., Giuffrè Editore, Milano, 2015, pag. 331.
[2] Baldassarri, I contratti di distribuzione, 2074; Baldi, 235; Bortolotti, Bondanini, 218; Ghezzi, Del contratto, 162; Saracini, 342, su banca dati Leggi d'Italia, Wolters Kluwer, commento all'art. 1750 c.c.,
[3] Si richiama in via analogica la nozione di giusta causa dell'art. 2119 c.c. nel rapporto di lavoro subordinato.
[4] Con Cass. Civ. n. 10934/2011, è stato affermato che in caso di esercizio da parte del preponente della clausola risolutiva espressa, deve essere svolta un'indagine circa la sussistenza di un inadempimento che integri la giusta causa di recesso ex art. 2119 c.c..
[5] "L'art. 1751, 4° co., prevede una ipotesi di risarcimento del danno da fatto illecito, distinta da quella da fatto lecito e con essa cumulabile se l'agente riesce a provare che la condotta del preponente contenga i requisiti soggettivi e oggettivi del fatto illecito" (così Cass. Civ., n. 9426/2008; anche Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 30/07/2013, n. 18264).
[6] Il metodo di calcolo della misura delle indennità in questione è stabilita dagli AEC negli articoli ad esse dedicati.
[7] Così, A. Venezia, R. Baldi, op. cit., pag. 343; ex multis, Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 05/11/2013, n. 24776.
[8] Così Cass. civile sez. lav., 11/06/2015, n.12127: "In materia di contratto di agenzia, l'art. 1751-bis, secondo comma, cod. civ., introdotto dall'art. 23 della legge 29 dicembre 2000, n. 422, secondo cui l'accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all'agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale, non si applica ai patti stipulati prima della sua entrata in vigore, ancorché i contratti di agenzia cui si riferiscano siano cessati successivamente."
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