di Valeria Zeppilli - Con la sentenza numero 6443/2019 qui sotto allegata, la Corte di cassazione ha affrontato la questione del risarcimento del danno da perdita di chance del paziente nei giudizi di responsabilità medica, chiarendo che la relativa quantificazione deve essere adeguatamente motivata dal giudice.
La vicenda
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Nel caso di specie, il giudice del merito aveva quantificato il danno da perdita di chance riconosciuto a un paziente e derivato dalla mancata esecuzione di un'ecocolordoppler nella misura del 15-20%, esprimendo tale quantificazione in maniera apodittica e senza spiegare le ragioni che la sorreggono.
Il giudice, in particolare, si era limitato ad affermare che il paziente aveva perso "alcune chances di essere trattato proficuamente".
Serve una forbice di possibilità
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Per la Cassazione, però, tale affermazione non basta. Nel quantificare il danno da perdita di chance nell'ambito dei giudizi di responsabilità medica è infatti necessario concretizzare in termini numerici le possibilità, prevedendo quantomeno una forbice minima e una forbice massima.
La motivazione è un obbligo costituzionale
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Il giudice che si limita a determinare il quantum risarcitorio come fatto nel caso di specie, e quindi in maniera del tutto generica e senza esternare il proprio percorso accertatorio/valutativo, agisce in contrasto con quanto gli impone l'obbligo costituzionale e non pone in essere un pronunciamento immune da censure.
E tale affermazione è vera anche se è stato il CTU a non aver concretizzato la perdita di chance, in quanto, in tal caso, il compito del giudicante di fronte al positivo accertamento dell'esistenza del danno è quello di disporre un'integrazione della consulenza al riguardo.
Scarica pdf sentenza Cassazione numero 6443/2019