di Lucia Izzo - Svaluta la figura genitoriale in un'età cruciale per lo sviluppo dei minori, il giudice che nega ai familiari extra UE la permanenza in Italia ritenendo che i contatti con i figli possano essere mantenuti tramite i sempre più facili contatti audio-video e recandosi nel "vicino" paese straniero durante i periodi di vacanza scolastica.
L'art. 31 del T.U. sull'immigrazione, non può essere interpretato in senso restrittivo, in quanto tutela il diritto del minore ad avere rapporti continuativi con entrambi i genitori anche in deroga alle altre disposizioni del decreto. La norma comprende qualsiasi danno grave che il minore potrebbe subire.
Il chiarimento giunge dalla Corte di Cassazione, prima sezione civile, nell'ordinanza n. 11274/2019 (qui sotto allegata).
Il caso
Ad adire la Suprema Corte è una coppia di cittadini albanesi, genitori di due gemelli, che aveva proposto ricorso al Tribunale per ottenere l'autorizzazione (ex art. 31, comma 3, d.lgs. n. 286/98) a permanere nel territorio nazionale per un tempo determinato per gravi motivi connessi allo sviluppo psico fisico dei minori i quali dimoravano in Italia presso il loro zio paterno in possesso di regolare permesso di soggiorno.
La domanda veniva rigettata e poi veniva respinto anche il successivo reclamo: secondo il giudice del gravame, non era possibile pronosticare che il distacco fisico dei minori dai genitori compromettesse gravemente lo sviluppo normale della personalità dei primi.
Ciò in considerazione dell'età dei ragazzi, del fatto che questi erano inseriti in un ambito familiare allargato in cui era presente lo zio al quale i minori avrebbero potuto essere legalmente affidati sulla base delle "cospicue risorse morali ed economiche" di cui lo stesso disponeva.
Inoltre, i giudici evidenziavano che i figli avrebbero potuto agevolmente mantenere i contatti coi genitori "tenuto conto sia delle sempre più facili e articolate possibilità di contatti audio video sia della ridotta distanza tra Italia e Albania che i ragazzi avrebbero potuto raggiungere nei periodi di vacanza scolastica".
La disciplina del T.U. sull'immigrazione
Tale decisione è contestata vittoriosamente da genitori in Cassazione. Gli Ermellini premettono che la disciplina di cui al terzo comma dell'art. 31 del T.U. sull'immigrazione non può essere intesa come volta ad assicurare una generica tutela del diritto alla coesione familiare del minore e dei suoi genitori: pertanto, incombe sul richiedente l'autorizzazione l'onere di allegazione della specifica situazione di grave pregiudizio che potrebbe derivare al minore dall'allontanamento del genitore (cfr. Cass. n. 9391/2018).
Tale disposizione si inserisce in un più ampio quadro normativo che è segnato, sul piano delle fonti sovranazionali, proprio dalla contrapposizione dell'istanza di tutela del minore con l'esigenza di assicurare agli Stati una ordinata regolamentazione dei flussi migratori.
Inoltre, rammenta la Cassazione, è proprio nella prospettiva del contemperamento di questi interessi che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha disconosciuto al diritto alla vita privata e familiare natura di diritto assoluto, dichiarando che lo stesso possa essere sacrificato sulla base di politiche statuali di disciplina dell'immigrazione.
Anche il diritto all'unità familiare, spiega la Corte, non ha carattere assoluto nel nostro ordinamento, atteso che il legislatore, nel contemperamento dell'interesse dello straniero al mantenimento del nucleo familiare con gli altri valori costituzionali sottesi dalle norme in tema di ingresso e soggiorno degli stranieri, può prevedere delle limitazioni, sicché è legittimo il mancato accoglimento dell'istanza di autorizzazione alla permanenza sul territorio italiano di un genitore straniero per la ritenuta insussistenza dei gravi motivi di cui all'art. 31, comma 3, del citato d.lgs. n. 286 del 1998.
La temporanea autorizzazione alla permanenza del familiare del minore
In base a tali presupposti, la giurisprudenza delle Sezioni Unite ha chiarito che la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dall'art. 31 in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, può comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile e obiettivamente grave che, in considerazione dell'età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà certamente al minore dall'allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto (cfr. SS.UU. sent. 21799/2010).
L'art. 31 del d.lgs. n. 286, quindi, non può essere allora interpretato in senso restrittivo, tutelando esso il diritto del minore ad avere rapporti continuativi con entrambi i genitori anche in deroga alle altre disposizioni del decreto, sicché la norma non esige la ricorrenza di situazioni eccezionali o necessariamente collegate alla salute del minore, ma comprende qualsiasi danno grave che lo stesso potrebbe subire, sulla base di un giudizio prognostico circa le conseguenze di un peggioramento delle condizioni di vita che abbia incidenza sulla sua personalità.
In pratica, il minore sarebbe esposto a un tale peggioramento a causa dell'allontanamento dei genitori o dello sradicamento dall'ambiente in cui il medesimo è nato e vissuto, qualora segua il genitore espulso nel luogo di destinazione (Cass. 21 febbraio 2018, n. 4197).
Il giudizio espresso dalla Corte di appello non appare allora rispondente a tali principi. Quando rileva che la relazione tra genitori e figli possa attuarsi tramite le sempre più facili e articolate possibilità di contatti audio-video, il giudice del gravame mostra di pervenire a una incongrua svalutazione del ruolo della figura genitoriale in un'età ancora cruciale per lo sviluppo del minore ed elude, in tal modo, l'esigenza di bilanciamento tra i diversi interessi che la norma sottende. Lo stesso quando prevede una frequentazione personale ridotta ai periodi di vacanza scolastica. Parola al giudice del rinvio.
Scarica pdf Cass., I civ., ord. 11274/2019