Rilevanza giuridica del legame affettivo cane-padrone: il risalente orientamento della Cassazione e le più recenti sentenze di merito. Il risarcimento del danno per la morte dell'animale d'affezione
Avv. Marco Sicolo - Nel sentire comune, è innegabile che gli animali domestici siano ormai considerati dai loro padroni alla stregua di membri della propria famiglia.

Il diritto, però, è un'altra cosa. E, per quanto possa apparire persino un po' cinico, l'orientamento più autorevole in materia, quello della Corte di Cassazione, è quello di non attribuire rilevanza alla perdita del legame affettivo con l'animale, in caso di evento che ne provochi la morte.

Di tutt'altro avviso, in ogni caso, appare la più recente giurisprudenza di merito, che negli ultimi anni ha spesso adottato pronunce che si discostano dall'indirizzo della Suprema Corte.

Cerchiamo di capire, quindi, come stanno le cose e in quale direzione potrebbero evolversi le prossime decisioni:

Il danno esistenziale per la morte dell'animale d'affezione

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In linea generale, ogni sinistro può dar luogo a un danno patrimoniale e a un danno non patrimoniale.

Nel caso dell'uccisione di un animale, il danno patrimoniale subito dal suo possessore si riferisce al valore che può essere riconosciuto al malcapitato. Ad esempio, se si tratta di un cane di razza particolarmente pregiata, o di un cavallo da corsa, il giudice ben può riconoscere il diritto al risarcimento di tale danno.

Il danno non patrimoniale, invece, riguarda le lesioni psico-fisiche (danno biologico), la sofferenza interiore derivante dal sinistro (danno morale) e la lesione della sfera affettivo-relazionale (danno esistenziale).

Orbene, mentre tali voci di danno vengono comunemente riconosciuti quando la vittima del sinistro è una persona, non altrettanto accade nei sinistri che comportano la morte di un cane o altro animale.

In sostanza, se l'animale viene investito o azzannato, il rischio è quello di non vedersi riconosciuto alcun danno.

Ma non è sempre così, anzi: come detto, la tendenza sempre più affermata dei giudici di merito è quella di assegnare rilevanza al legame affettivo animale-padrone e pertanto riconoscere le relative voci di danno non patrimoniale.

Vediamo, in termini più concreti, a che punto siamo con l'evoluzione giurisprudenziale sul tema.

Il danno non patrimoniale secondo la Corte di Cassazione

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I provvedimenti più autorevoli in materia sono rappresentati, al momento, dalle famose sentenze di San Martino della Corte di Cassazione, risalenti al 2008 (v., sul tema, il nostro articolo sui c.d. danni bagatellari).

In estrema sintesi, tali sentenze sancivano che qualsiasi lesione di un diritto, per dar luogo a risarcimento del danno, deve superare una certa soglia minima di apprezzabilità.

In termini più tecnici, si affermava che il danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. potesse essere riconosciuto solo nei seguenti casi:

  • quando la condotta lesiva configuri un reato
  • quando una legge preveda espressamente il risarcimento del danno non patrimoniale riguardo a determinate fattispecie
  • quando l'interesse leso possa essere considerato costituzionalmente rilevante, quale diritto inviolabile ex art. 2 della Costituzione.

Il danno non patrimoniale per la perdita dell'animale domestico

Analizziamo ora questi tre casi, con riferimento ai nostri amici a quattro zampe.

Dal punto di vista penale, sono previsti come reato l'uccisione volontaria e il maltrattamento dell'animale, ma non la morte accidentale causata, ad esempio, da un investimento stradale o dall'aggressione da parte di altro animale sottoposto alla custodia del suo padrone.

Né, per quanto riguarda il secondo punto dei tre sopra elencati, alcuna legge stabilisce espressamente il risarcimento del danno non patrimoniale in caso di perdita dell'animale domestico.

La terza strada è quella che ci interessa.

Perdita dell'animale domestico: un danno costituzionalmente rilevante

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L'effetto immediato delle citate sentenze della Cassazione del 2008 è stato quello di escludere la rilevanza costituzionale, e quindi la risarcibilità, del danno da perdita dell'animale domestico.

D'altro canto, il richiamo ai diritti inviolabili operato nelle sentenze medesime ha lasciato la porta aperta a un'interpretazione evolutiva del concetto di interesse costituzionalmente rilevante: una porta che hanno attraversato volentieri numerosi giudici di merito, nel corso dell'ultimo decennio.

Anzi, è stata la stessa Cassazione a riconoscere che tali diritti non costituiscono un numero chiuso, lasciando all'interprete la possibilità di riconoscerne di nuovi, secondo l'evolversi della coscienza sociale (cfr. Cass. Civ. 26972/2008, una delle "sentenze gemelle di San Martino").

E, come abbiamo anticipato, è innegabile che negli ultimi anni si stia facendo sempre più strada la considerazione degli animali domestici quasi come veri e propri membri del nucleo familiare, con la conseguente sempre maggiore rilevanza del legame affettivo tra padrone e cane (o altro animale).

Risarcibilità del danno per la morte del cane

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Su questo presupposto, innumerevoli sentenze hanno riconosciuto il diritto al risarcimento del danno esistenziale per la morte di un animale d'affezione investito o azzannato da altro animale, sul presupposto che il legame affettivo con il cane sia espressione delle attività realizzatrici della persona ed esplicazione della propria personalità, in quanto tale costituzionalmente rilevante ex art. 2 Cost.

A tal proposito è possibile citare, a titolo di esempio, le sentenze dei Tribunali di: Torino del 29 ottobre 2012, Reggio Calabria del 6 giugno 2013, Firenze del 014 giugno 2013, Pavia n. 1266 del 2016, Arezzo del 8 agosto 2017.

Sebbene, quindi, la Cassazione appaia ancora ancorata alle sue risalenti posizioni, la giurisprudenza di merito sembra aver colto ormai definitivamente l'importanza sociale del legame uomo-animale domestico e la rilevanza di qualsiasi evento che ne leda l'essenza.

Non è azzardato immaginare, pertanto, che anche l'orientamento più autorevole sul tema sia destinato a mutare.


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