di Lucia Izzo - La notifica della cartella via PEC nel formato Pdf, anziché con il file p7m, è valida ed efficace se l'atto ha raggiunto il suo scopo. Tuttavia, non può omettersi in cartella l'indicazione del criterio usato per calcolare gli interessi, comprensivo del tasso, valuta e giorni, indispensabile per il controllo da parte del contribuente.
Lo ha chiarito la CTR Emilia-Romagna nella sentenza n. 630/1/19 (qui sotto allegata) che ha accolto parzialmente l'appello del ricorrente, un libero professionista dotato di indirizzo Ini-Pec.
Il ricorrente lamenta la nullità della notificazione della cartella di pagamento, essendo il documento privo dei requisiti previsti dalla normativa vigente in materia di notifica a mezzo PEC. Ancora, il professionista lamenta l'invalidità della stessa non essendo possibile, dalla sua lettura, conoscere il tasso di interesse applicato o il metodo di calcolo.
Valida la notifica via PEC della cartella nel formato pdf
La CTR, invece, evidenzia come il messaggio sia stato trasmesso al contribuente dal gestore di posta elettronica con l'osservanza di tutti i criteri di garanzia d'immodificabilità, d'integrità e di autenticità per l'affidamento del messaggio inviato: criteri che investono la connessione tra il gestore di posta e l'utente, a garanzia della protezione con protocolli sicuri del canale di trasporto, ai sensi del d.m. 2/11/2005.
Va quindi disattesa l'affermazione secondo cui l'allegazione di una copia della cartella in formato Pdf, priva di firma digitale, al messaggio di posta elettronica non realizzi gli standards di sicurezza richiesti dalla legge, ottenibili invece con l'estensione c.d. "p7m" del file con firma digitale (busta CAdES), come da deliberazione n. 45 del 21 maggio 2009 del Centro Nazionale per l'informativa nella Pubblica Amministrazione (oggi DigitPA).
La CTR precisa che nulla cambia per il contribuente, per quanto attiene alla validità della cartella, quando essa è allegata come normale "pdf" e non nel formato "p7m", poiché la cartella altro non è che la manifestazione del ruolo depositato presso l'ente esattore ed è emessa in unico esemplare.
In quanto si risolve nella maggior sicurezza di conservazione, il formato "p7m" sarebbe da riferire alla cartella e non alla copia che viene consegnata al contribuente, dalla cui impugnazione si evince che l'atto ha raggiunto il suo scopo, quello di portare a conoscenza il contribuente del suo debito, indipendentemente dalla sottoscrizione.
La CTR rammenta anche che spetta all'interessato denunciare la mancanza sia sotto il profilo di vizi che di errori materiali nel contenuto della cartella imputabili alla sua esternazione sia sotto l'aspetto della sua indebita conoscenza da parte di terzi estranei al procedimento esattivo da cui possa essere derivato nocumento al contribuente per la onorabilità o reputabilità. Ma nulla di questo si è verificato o è comunque stato denunciato dal ricorrente.
Cartella: va indicato il tasso e i giorni per il controllo
L'appello viene, invece, accolto per il motivo riferito all'assenza della motivazione sugli interessi. La mancata indicazione nella cartella del tasso e dei giorni necessari per il controllo del calcolo degli interessi, è stata dichiarata illegittima dalla Sezione tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza n. 9799/2017, ove si afferma che la mancanza di qualsiasi riferimento al tasso ed alla decorrenza vizia irrimediabilmente la cartella esattoriale.
Quando non sia stata preceduta da un avviso cli accertamento, quest'ultima deve essere motivata in modo congruo, sufficiente e intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale validi per ogni provvedimento amministrativo, sanciti dall'art. 3 della legge 241/1990, e recepiti, per la materia tributaria, dall'art. 7 della L. 212/2000.
L'impugnazione va accolta, dunque, considerato che nella cartella manca l'indicazione del tasso e della decorrenza sicché il contribuente non è stato posto nella condizione cli calcolare la correttezza del calcolo degli interessi operato sulla base della somma.
Valida la notifica irrituale via PEC se è raggiunto lo scopo legale
Nella recente ordinanza n. 6417/2019, la Cassazione ha affermato che l'irritualità della notificazione di un atto a mezzo PEC non ne comporta la nullità se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. n. 23620/2018).
Ancora, in tema di processo telematico, si è ritenuto ce le firme digitali di tipo "CAdES" e di tipo "PAdES" siano entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni ".p7m" e ".pdf". Tale principio di equivalenza, spiega la Corte, si applica anche alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in Cassazione.
La natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento, ricorda la Cassazione, non osta all'applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria.
In tal caso, rileva dunque il rinvio disposto dall'art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602 del 1973 (in tema di notifica della cartella di pagamento) all'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di notificazione dell'avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile.
Tale richiamo consente che, in caso di nullità della notificazione della cartella di pagamento, sia applicabile l'istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, di cui all'art. 156 c.p.c. (Cass. n. 27561/2018). Nel caso di specie, dunque, la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale competente.
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