di Annamaria Villafrate - Con la sentenza n. 18216/2019 (sotto allegata) la Cassazione accoglie il ricorso di un soggetto, imputato per il reato di molestia e disturbo alle persone e condannato nel precedente grado di giudizio per aver inviato 15 sms, di cui due di contenuto offensivo, alla ex fidanzata. Per la Cassazione però in questo caso, il reato non si configura perché 15 sms in due mesi non integrano il requisito della petulanza e perché è assente la volontà di voler interferire nell'altrui sfera privata. Gli sms del fidanzato infatti erano finalizzati a incontrare nuovamente la ex fidanzata per riallacciare la relazione. Una sentenza che farà sicuramente discutere. Più che "incolpare" chi non blocca gli sms, sarebbe più corretto condannare la condotta di chi, non accettando la fine della relazione, continua a infastidire, ricorrendo anche alle offese.
La vicenda processuale
Il Tribunale condanna l'imputato per il reato di molestia o disturbo alle persone di cui all'art 660 c.p, perché col telefono "per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca alla sua ex fidanzata molestia e disturbo, inviandole alcuni messaggi di telefonia mobile (short Message Service)." L'imputato ricorre in Cassazione contestando la sussistenza sia dell'elemento oggettivo che di quello soggettivo del reato, considerato che la sua condotta, semmai maldestra e ingenua, era solo finalizzata a riallacciare la relazione sentimentale con la sua ex fidanzata, senza voler interferire nell'altrui sfera di libertà con petulanza o per biasimevole motivo.
Per l'imputato, alla luce delle comunicazioni che si scambiano oggi giorno, non si può considerare petulante l'invio di un certo numero di sms. Sempre alla luce dell'evoluzione delle abitudini dei giovani nel comunicare, non è ravvisabile nella sua condotta neppure il dolo, ovvero l'intenzione di ledere l'altrui libertà, perché l' l'inidoneità dei mezzi e 15 sms in due mesi non sono in grado di turbare qualcuno.
L'imputato contesta poi la motivazione della sentenza impugnata poiché ha utilizzato impropriamente il termine "spesso" nel descrivere la frequenza dei messaggi di contenuto offensivo rivolti alla ex fidanzata e perché menziona anche delle telefonate, quando invece è stato accusato solo dell'invio di alcuni sms.
Lamenta infine l'assenza di argomentazioni relativamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche e il fatto che il tribunale non abbia neppure preso in considerazione la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Senza la petulanza e la volontà d'interferire nell'altrui libertà non c'è molestia
La Cassazione annulla senza rinvio la sentenza perché il fatto non costituisce reato, accogliendo quindi la tesi della difesa. Nella motivazione gli Ermellini precisano come il reato di molestie o di disturbo alle persone è in realtà un reato che ha come obiettivo prevenire il turbamento della pubblica utilità. Perché si configuri il reato di molestia o disturbo di cui all'art 660 c.p occorre che per petulanza o altro biasimevole motivo, la condotta del soggetto agente risulti incivile e intollerabile, arrogante e vessatoria e priva di rispetto verso la libertà o la tranquillità altrui. Non è necessario che la condotta sia reiterata, essendo sufficiente anche una sola azione. Per quanto riguarda invece l'elemento psicologico è necessario che la volontà sia diretta a interferire in modo inopportuno sulla libertà altrui, non rilevando che il soggetto agente ritenga il motivo non biasimevole. Non occorre neanche che l'intento sia persecutorio, bastando che la condotta possa qualificarsi come "petulante".
Nel caso di specie la Cassazione rileva come la ex fidanzata, conclusa la relazione, non abbia attivato alcun meccanismo di blocco dei messaggi provenienti dall'ex fidanzato e che sono solo 2 i messaggi con contenuto offensivo. Dagli altri sms traspare infatti "solo" un sentimento di gelosia per le nuove frequentazioni della ragazza. Non è infine ravvisabile neppure il dolo, poiché dai messaggi traspare più che altro amarezza per la fine della relazione, gelosia e volontà di incontrare la ex fidanzata nella speranza di riallacciare un rapporto.
In assenza del requisito della petulanza e del del dolo, ovvero della "volontà effettiva di interferire nella sfera di libertà dell'altro, fino al punto di determinarlo a invocare aiuto" la sentenza deve essere annullata perché il fatto non costituisce reato.
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