di Lucia Izzo - In materia edilizia, la veranda va considerata, in senso tecnico-giuridico, come un nuovo locale autonomamente utilizzabile che normalmente difetta del carattere di precarietà. Pertanto, per la sua costruzione sarà necessario richiedere una concessione edilizia.
Non rientrando, dunque, tra le opere di "edilizia libera" (quelle per le quali non è necessario alcun titolo abilitativo), il reato di abuso edilizio non potrà ritenersi sanato dalla s.c.i.a. in sanatoria.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 18000/2019 (qui sotto allegata) confermando la condanna di abuso edilizio nei confronti di una signora che aveva realizzato una veranda in frode alla legge.
Il caso
L'imputata, pur non essendo in possesso dei prescritti titoli autorizzativi, aveva realizzato una veranda coperta adiacente al fabbricato principale, occupante una superficie di 55 mq. e un volume di 180 mc., avente struttura portante in legno e copertura a falde.
In Cassazione, la ricorrente sostiene che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la realizzazione della veranda/tettoia non necessiterebbe del preventivo rilascio di concessione edilizia, trattandosi di opera inidonea, per la sua stessa natura (struttura leggera in legno aperta su tre lati), ad assorbire cubatura e/o a costituire aumento della preesistente superficie e dunque soggetta alla semplice comunicazione.
In ogni caso, soggiunge la difesa, la veranda/tettoia si sarebbe dovuta considerare come una mera pertinenza e, come tale non soggetta al permesso di costruire
, rientrando tra le opere di "edilizia libera" le quali non necessitano di alcun titolo abilitativo, ovvero tra quelle assoggettabili alla mera s.c.i.a. Di conseguenza, il reato di cui all'art. 44, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 380/2001 sarebbe stato estinto per il rilascio della s.c.i.a. in sanatoria.Veranda è locale autonomo, necessario il permesso di costruire
Una ricostruzione che gli Ermellini giudicano priva di fondamento. Nel caso di specie, a differenza di quanto ritenuto dalla ricorrente, la costruzione della veranda, vista nella sua completezza, necessitava del preventivo rilascio del permesso di costruire.
Come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, in materia edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile (cfr. sent. 14329/2008).
La Corte territoriale, uniformandosi a tali principi, aveva accertato che la veranda coperta, occupante una superficie e una volumetria propria, era un'opera stabilmente infissa al suolo, circostanza che ne avrebbe escluso il carattere di precarietà.
Inoltre, nel caso in esame la Corte territoriale ha rilevato anche che l'opera, essendo stata realizzata senza ottemperare alle prescrizioni previste in materia antisismica, costituisce un serio pericolo per l'incolumità pubblica. Pertanto, gli Ermellini dichiarano il ricorso respinto.
Scarica pdf Cass., III pen., sent. 18000/2019