di Lucia Izzo - Il giudice ha facoltà di predisporre un percorso psicoterapeutico di coppia volto a superare le difficoltà riscontrate qualora i conflitti tra i genitori siano a tal punto elevati da porre a rischio la salute psico-fisica e lo sviluppo dei figli minori.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con l'ordinanza n. 11842/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di una madre che si era vista respingere dalla Corte d'Appello i reclami proposti contro la decisione resa in primo grado dal Tribunale della stessa città.
Il caso
Il primo giudice aveva disposto l'affidamento condiviso della figlia minore ad entrambi i coniugi, disciplinando il diritto del padre a vedere la bambina e riducendo il mantenimento spettante alla piccola.
La Corte territoriale aveva altresì disposto che il consultorio familiare territorialmente competente prendesse in carico la famiglia predisponendo per loro un percorso di sostegno psicologico per la minore e di supporto alla genitorialità di ambo le parti e che il Servizio Sociale monitorasse il nucleo familiare.
La ricorrente ritiene, tra l'altro, che il giudice abbia condizionato le parti imponendo loro di effettuare un percorso psicoterapeutico di coppia volto a supportare la genitorialità di entrambi, ledendo altresì il loro diritto di autodeterminazione.
Una doglianza ritenuta dagli Ermellini manifestamente infondata. Il giudice a quo, si legge in sentenza, si è limitato a ritenere opportuno che i genitori provvedessero a una mediazione familiare, per superare le difficoltà riscontrate. Si tratta, secondo la Corte, di uno specifico compito affidato al giudice in simili situazioni a tutela del pieno interesse della minore.
Sì al supporto alla genitorialità per risolvere i conflitti che danneggiano i figli
La giurisprudenza di legittimità, in merito all'art. 155 c.c. e in tema di provvedimenti riguardo ai figli nella separazione personale dei coniugi, ha chiarito che al giudice è concesso fissare le modalità della loro presenza presso ciascun genitore e di adottare ogni altro provvedimento a essi relativo, attenendosi al criterio fondamentale rappresentato dal superiore interesse della prole, che assume rilievo sistematico centrale nell'ordinamento dei rapporti di filiazione fondato sull'art. 30. della Costituzione.
L'esercizio in concreto di tale potere, secondo la Cassazione, deve costituire espressione di conveniente protezione (art. 31, comma 2, Cost.) del preminente diritto dei figli alla salute e alla crescita serena ed equilibrata, potendo assumere anche profili contenitivi dei rubricati diritti e libertà fondamentali individuali ove le relative esteriorizzazioni determinino conseguenze pregiudizievoli per la prole che vi presenzi, compromettendo la salute psico-fisica e lo sviluppo (cfr. Cass. n. 6546 2012, come confermato da Cass. n. 12954/2018).
Pertanto, conclude la Corte, l'indicazione contenuta nel decreto impugnato è ritenuta ineccepibilmente aderente al dettato normativo avendo i giudici d'appello assunto a parametro di riferimento l'interesse preminente della minore.
Interesse che, all'esito dell'insindacabile valutazione discrezionale delle risultanze istruttorie, sorretta da puntuale e adeguato riscontro argomentativo, i giudici hanno ritenuto a rischio di pregiudizio per la elevata conflittualità genitoriale sulla quale è possibile preventivamente incidere prevenendo così altri gravi danni alla minore.
Scarica pdf Cass., VI civ., ord. n. 11842/2019