Con tale decisione, la Suprema Corte ha ribadito che la dichiarazione di convivenza resa dal familiare può essere superata dal certificato anagrafico che attesti la residenza del contribuente in un altro immobile. Tale circostanza è sufficiente a rendere nulla la notifica effettuata dall'agente postale.
- Il caso
- Notifica della cartella esattoriale e pubblica fede
- Il valore delle attestazioni contenute nella relata
- Il certificato di residenza come prova decisiva
Il caso
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La vicenda prende le mosse dall'impugnazione di un avviso di pagamento avanzata dal contribuente sulla base di un vizio di notifica. Questi sosteneva, infatti, che la notifica fosse affetta da nullità, poiché effettuata in mani di un suo parente, dichiaratosi suo convivente, presso un immobile diverso da quello di residenza.
La Commissione territoriale accoglieva in grado di appello la tesi del ricorrente, e tale decisione veniva confermata in Cassazione dall'ordinanza in esame, n. 10543/2019 (sotto allegata).
Notifica della cartella esattoriale e pubblica fede
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Alla base della decisione degli Ermellini c'è la considerazione che determinate attestazioni contenute nella relata dell'agente postale possono essere superate da specifica prova documentale.
Infatti, come già affermato da precedente giurisprudenza di Corte, non tutte le attestazioni contenute nella relata di notifica dell'agente postale o dell'ufficiale giudiziario sono destinate a far fede fino a querela di falso.
La relata, più precisamente, fa fede solo del fatto che determinate dichiarazioni siano state rese all'agente postale o all'ufficiale giudiziario, ma non anche della veridicità intrinseca del loro contenuto.
La pubblica fede, pertanto, sussiste soltanto riguardo alle attività svolte dal soggetto notificante o relativamente ai fatti avvenuti in sua presenza e alle dichiarazioni a lui rese, limitatamente al loro contenuto estrinseco.
Non godono di fede privilegiata, invece, tutte le altre circostanze che non siano state direttamente percepite del pubblico ufficiale, ma siano invece il frutto di indicazioni offerte da altri soggetti o di informazioni da lui assunte (cfr., tra tante, Cass. sez. VI, ord. n. 4095/14 e Cass. civ., sez. II, sent. n. 3403/96).
Il valore delle attestazioni contenute nella relata
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Secondo gli Ermellini, pertanto, la dichiarazione di convivenza resa dal parente del contribuente può essere superata fornendo idonea prova documentale che attesti la residenza anagrafica del contribuente in un immobile diverso da quello ove è stata eseguita la consegna.
Se è vero, infatti, che la notificazione di un atto, in base all'art. 139 del codice di procedura civile, può essere effettuata mediante consegna a una persona di famiglia o addetta alla casa, cioè di persona che sia legata al destinatario da un rapporto di convivenza, non è altrettanto vero che l'indicazione del ricevente quale convivente, contenuta nella relata, faccia fede fino a querela di falso.
Il certificato di residenza come prova decisiva
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La presunzione di ricezione dell'atto da parte del destinatario, infatti, opera solo se il familiare ricevente abiti con lui nell'immobile ove è fissata la sua residenza.
L'attestazione di convivenza resa dal familiare ricevente, pertanto, è superabile dalla produzione di un certificato di residenza che sia stato registrato all'anagrafe in data anteriore rispetto a quella in cui è stata notificata la cartella esattoriale.
Al contribuente, dunque, il giudice non può richiedere alcuna ulteriore dimostrazione negativa relativa al presunto rapporto di convivenza tra lui e il soggetto che ha ricevuto l'atto.
Scarica pdf ordinanza Cass. n. 10543/2019• Foto: 123rf.com