di Lucia Izzo - Commette il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, il genitore affidatario che non conduce il minore agli incontri protetti che il Tribunale ha disposto in sede di separazione affinché l'altro genitore possa coltivare un rapporto con la prole.
- La vicenda
- Il provvedimento impone un obbligo di fare
- Atteggiamento ostruzionistico e manipolativo
- Niente doppi benefici alla madre che ostacola i rapporti della figlia col padre
La vicenda
[Torna su]
Tanto emerge dalla sentenza n. 23830/2019 (qui sotto allegata) con cui la sesta sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla vicenda di una signora condannata per il reato di cui all'art. 388 c.p. (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice).
In particolare, l'imputata aveva eluso il provvedimento con cui il Tribunale, pur avendole affidato la figlia, aveva stabilito che il padre avesse diritto a vedere la piccola presso i servizi sociali del Comune, in occasione di incontri programmati a cui la bambina, tuttavia, non era mai stata condotta.
Il provvedimento impone un obbligo di fare
[Torna su]
Risulta infondato il ricorso in Cassazione con cui la signora tenta di difendersi dalla condanna. Ciò che rileva ai fini della configurabilità del reato contestato, spiegano gli Ermellini, è che il provvedimento indicato imponesse un obbligo di fare, necessitante della collaborazione della madre della minore al fine di non pregiudicare il diritto del genitore non affidatario.
Pertanto, non ha alcun rilievo la circostanza che l'ordinanza non disponesse l'affido della bambina, trattandosi di verificare l'ottemperanza alle disposizioni del giudice, esclusa dai giudici di merito per la condotta ostruzionistica della ricorrente.
Come ripetutamente affermato dai giudici di legittimità, eludere significa frustrare, rendere vane le legittime aspettative dell'altro genitore, anche mediante una mera omissione, e che il genitore affidatario è tenuto a favorire (a meno che non sussistano contrarie indicazioni di particolare gravità) gli incontri tra il figlio e l'altro genitore, essendo entrambe le figure centrali per la crescita del minore.
Ostacolare gli incontri tra padre e figlio fino a recidere ogni legame tra gli stessi, infatti, può avere effetti deleteri sull'equilibrarlo psicologico e sulla formazione della personalità del minore (cfr. Cass. n. 1748/2017).
Atteggiamento ostruzionistico e manipolativo
[Torna su]
Come evidenziato da entrambi i giudici di merito, la condotta della ricorrente è apparsa elusiva dell'ordinanza del giudice della separazione, come dimostrato anche dalle dichiarazioni rese dalle assistenti sociali.
Le operatrici hanno confermato che la donna non era disponibile a favorire gli incontri tra il padre e la minore e aveva comunque deciso di interromperli pur essendole stato ricordato l'obbligo di ottemperare a un ordine del giudice.
Anche l'assistente sociale incaricata di effettuare la mediazione familiare, aveva sottolineato l'esasperata conflittualità tra i coniugi e l'indisponibilità della ricorrente alla mediazione a fronte dell'atteggiamento positivo del padre, interessato alla ripresa del rapporto con la figlia.
Sia la sentenza di separazione di primo grado che quella in appello avevano, inoltre, rimarcato l'atteggiamento ostruzionistico e manipolativo della madre sulla figlia ed era stata altresì censurata la pessima condotta della madre, che aveva ostacolato sistematicamente il lavoro dei servizi sociali, impedendo la ripresa costruttiva dei rapporti tra padre e figlia.
Niente doppi benefici alla madre che ostacola i rapporti della figlia col padre
[Torna su]
Per il Collegio la decisione impugnata è corretta anche nella parte in cui ha negato i doppi benefici che la signora aveva richiesto in appello. Tale richiesta, tuttavia, era apparsa del tutto generica e minimamente argomentata (si esauriva nella dicitura "benefici di legge nella massima estensione"), il che giustifica l'omessa motivazione sul punto.
La Cassazione ritiene che una riforma del diniego dei doppi benefici non sia possibile, stante il giudizio negativo espresso sulla personalità dell'imputata e sulla pervicacia della condotta protrattasi nel tempo. Il ricorso va dunque rigettato.
Scarica pdf Cass., VI pen., sent. n. 23830/2019• Foto: 123rf.com