Dott.ssa Rosa Valenti - Il reato di diffamazione previsto dall'articolo 595 c.p. si applica qualora l'offesa sia recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità e ricompensa anche l'ipotesi di reato quando la diffamazione avvenga attraverso la pubblicazione di commenti in un blog.
La vicenda
Secondo la Corte territoriale, nella vicenda di specie, non sussiste alcun dubbio circa la riconducibilità di un blog all'interno della categoria "mezzo di pubblicità" menzionato, alternativamente al mezzo della stampa, nell'articolo 595 c.p., comma 3.
E' chiaro che rientrano nella suddetta categoria tutti quei sistemi di comunicazione e di diffusione che, grazie all'evoluzione tecnologica, rendono possibile la trasmissione di dati e notizie ad un numero indeterminato di soggetti.
Stesso discorso vale anche quando un messaggio diffamatorio avvenga tramite la bacheca di "Facebook" integrando quindi l'ipotesi di cui all'articolo 595 c.p., comma 3, sotto il profilo dell'offesa arrecata con "qualsiasi altro mezzo di pubblicità" diverso dalla stampa, poiché la condotta in tal modo realizzata è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque apprezzabile, di persone e tuttavia non puó dirsi posta in essere "col mezzo della stampa", non essendo i social network destinati ad un'attivitá di informazione professionale diretta al pubblico (Sez. 5, n. 4873 del 14/11/2016).
La decisione della Cassazione
Risulta chiaro il dispositivo della sentenza
della Corte di Cassazione (sent. Cass. pen. sez. V, n. 12546/2018), secondo cui: il titolare di un blog commette, in proprio, il reato di diffamazione qualora, pur essendo stato edotto della presenza di contenuti offensivi da altri pubblicati, non si attivi per la pronta rimozione degli stessi. La responsabilità del blogger per i commenti diffamatori postati da utenti della rete - e non rimossi nonostante la segnalazione - è di natura concorsuale.La Cassazione, inoltre, precisa i presupposti per l'imputabilità dei gestori di blog online, i quali non possono essere assimilati ai direttori di testate giornalistiche, mancando il requisito della professionalità dell'attività svolta e della culpa in vigilando; né tantomeno essere imputati a titolo di responsabilità commissiva per omissione ex art. 40 del codice penale, non avendo alcun dovere giuridico di impedire l'evento lesivo.
Per la Corte, dunque, è addebitabile al blogger inerte nella rimozione dei commenti insultanti una riappropriazione della condotta diffamatoria altrui, a titolo concorsuale. Si è di fronte, cioè, a una "pluralità di reati integrati dalla ripetuta trasmissione del dato denigratorio". Diversamente, si esclude la responsabilità personale del blogger quando questi, reso edotto dell'offensività della pubblicazione, decide di intervenire prontamente a rimuovere il post offensivo.
Posto che l'amministratore del blog non puó operare un vaglio preventivo sui commenti pubblicati da utenti anonimi, a meno che non abbia posto degli appositi filtri, dovrebbe operare con una certa cernita sui commenti dei contenuti in cui si ravvisa una diffamazione quindi procedere all'eventuale rimozione degli stessi.
Dott.ssa Rosa Valenti
Studio Legale Pedri & Partner
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