Avv. Camilla Troncarelli - Smart Contract e Blockchain, questi sconosciuti. Spesso pensiamo che nel mondo del diritto non possa esserci spazio per tematiche relative alla tecnologia (fuorchè per le novità introdotte dal PCT, PAT, etc. che ci rimangono già piuttosto ostili), e potrebbe stupirci, invece, dover ammettere il contrario.
Ebbene, così è.
Cosa sono gli smart contract
[Torna su]
Seppure è doveroso ammettere la univocità e la quasi assodata conoscenza comune di una definizione di blockchain (indissolubilmente legata al più ampio concetto di DLT, Distributed Ledger Technology) (1), anche grazie all'utilizzo ormai comune scaturito dall'avvento della "moneta elettronica" Bitcoin (2), parzialmente oscuro rimane ancora l'inquadramento giuridico degli Smart Contract.
In generale, si può definire lo smart contract come un contratto sottoposto a condizioni strutturate in base ad un codice (o algoritmo, o registro distribuito, da qui il richiamo alla blockchain), ed autoeseguibile: difatti, il contratto avrà esecuzione automaticamente al verificarsi delle condizioni (input, che possono essere interne al codice stesso, ovvero esterne, definite "oracoli").
Per fare un esempio di utilizzo comune di S.C., si pensi all'attivazione automatica dei prodotti assicurativi forniti all'acquirente di un biglietto di treno, o di aereo: infatti, nel momento in cui il mezzo di trasporto dovesse essere soggetto ad un ritardo tale da superare la soglia temporale indicata come limite per l'indennizzo, questo verrà automaticamente riconosciuto allo sfortunato utente (o dietro espressa richiesta, se del caso).
Gli Smart contract nel decreto semplificazione
[Torna su]
In nostro aiuto (ma vedremo come, più avanti) è intervenuto il legislatore, che all'art. 8 Ter del cd. "Decreto Semplificazione" (D.L. 14 dicembre 2018, n. 135 recante "Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione", convertito in L. 11 febbraio 2019, n. 12), pionieristicamente rispetto ad altre legislazioni nazionali, al secondo comma fornisce una prima definizione di Smart contract: "un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o piu' parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse."
Innanzitutto, troviamo immediatamente un richiamo alla tecnologia dei registri distribuiti, e quindi alla blockchain, grazie alla quale le parti possono interagire direttamente tra loro in modo immediato, avendo personale contezza del "codice" con cui risolvere ogni nodo della catena di validazioni, ma altresì in modo sicuro perché protetto da crittografia che lo rende immodificabile da parte di terzi estranei.
Le criticità
[Torna su]
Da una prima analisi, però, emergono già delle criticità di non poco conto.
Smart contract come software?
Infatti, definire semplicisticamente come "programma", o software, lo Smart contract, si scontra con la vincolatività che la predetta definizione riconosce in modo espresso al momento della esecuzione dello stesso. In base ai principi di diritto del nostro ordinamento, l'efficacia vincolante, invero, non discende dall'esecuzione di un contratto (men che meno di un "programma per elaboratore"...), bensì dall'accordo che vi deve essere alla base dello stesso quale elemento essenziale ex art. 1325 c.c..
Sarebbe stato più corretto, quindi, da un punto di vista puramente giuridico, definire lo S.C. almeno come accordo, se non come vero e proprio contratto, dal quale sarebbe dipartito automaticamente il collegamento ad un quid vincolante tra le parti.
La forma scritta
La definizione continua riconoscendo indirettamente allo S.M. il requisito della forma scritta. Infatti, seppur si legge espressamente nella norma che "Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta, previa identificazione informatica delle parti interessate", tale caratteristica non viene specificata né nel testo richiamato, né poi nella corrispondente trasposizione in legge (fonte primaria), bensì si delega la determinazione dei requisiti della forma scritta, nel caso degli S.C., ad una mera fonte regolamentare, peraltro quantomai fumoso: "un processo avente i requisiti fissati dall'Agenzia per l'Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto."
La valenza probatoria
In tal modo il legislatore si guarda bene, altresì, anche dal fornire una valenza probatoria allo S.C., che - a rigor di logica - dovrebbe avere l'efficacia della scrittura privata ex art. 2702 c.c...ma, senza un'espressa previsione in tal senso, il dubbio permane.
Svariate sono, poi, le ulteriori criticità che provengono da una definizione dai contorni così incerti, e non scevra da incomprensioni.
Tanto per citarne alcune, a mero titolo di esempio, vi è la questione dell'annullabilità per vizi del consenso. E difatti, come è possibile garantire la tutela del cd. Contraente debole, in caso di consenso estorto per errore, violenza o dolo? Ed è agevolmente individuabile in quale di questi tre casi ci troviamo di fronte, o si aprono gli scenari per nuove probationes diaboliche? E, a monte di ciò, come può la parte "forte" del contratto, essere certa che l'altro contraente ha la capacità di agire?
Altro esempio, qual è la tutela giurisdizionale di cui può usufruire una parte dello S.C. qualora questo, per qualsivoglia motivo, dovesse rimanere privo di esecuzione? Su questo punto occorre segnalare la presenza di ipotesi circa l'attribuzione della competenza ad un arbitro o mediatore (istituendolo quale "Oracolo" nominato ab origine dallo stesso S.C.), attesa la maggior celerità delle relative procedure, contrariamente alle inevitabili lungaggini del processo civile o penale ordinario, che mal si conciliano con l'immediatezza tipica delle operazioni in rete.
Ma siamo ancora, purtroppo, nel mondo del "FantaDiritto".
Conclusioni
[Torna su]
L'auspicio è che il coraggio (se così si vuol chiamare) che ha caratterizzato l'azione del legislatore nella tipizzazione della figura degli Smart contracts non rimanga lettera morta, e che piuttosto continui a seguire gli impulsi che provengono da una società civile orientata verso future e maggiori applicazioni concrete dello S.C, ovviando alle criticità insorte e non sprecando questa preziosa occasione di dare una più perfetta e completa qualificazione giuridica a tale nuovo istituto.
Leggi anche Blockchain: cos'è e come funziona
(1) Tecnologia basata su un registro distribuito e condiviso - rientrante nella più ampia categoria delle DLT, Distributed Ledger Technology - che consente interazioni dirette tra più parti in modo chiaro ed accessibile, tramite la risoluzione di algoritmi (=nodi) protetti su base crittografata. Per risolvere i vari "nodi" che compongono la "catena" occorre raggiungere il "consenso" e, nel caso specifico della blockchain, il registro condiviso è strutturato in una serie di blocchi contenenti varie transazioni ed il consenso viene distribuito in ognuno dei nodi. Ogni nodo contiene una copia del registro e, grazie alla sua risoluzione, permette alle parti di partecipare direttamente al processo di validazione delle transazioni, così eliminando la presenza di un soggetto terzo centrale validatore, o intermediario
(2) La risoluzione dell'algoritmo nel caso del Bitcoin si basa sulla cd. Proof of work, comunemente la più utilizzata nelle tecnologie DLT
• Foto: 123rf.com