di Annamaria Villafrate - Non serve la residenza per riconoscere allo straniero l'assegno sociale. Questo quanto emerge dalla Cassazione n. 15170/2019 (sotto allegata) che ha accolto il primo motivo di ricorso di uno straniero a cui l'Inps aveva revocato l'assegno sociale e chiesto l'indebito percepito. Gli Ermellini, richiamando la normativa in materia e diverse sentenze della Corte Costituzionale, di cui condividono l'assunto, precisano che per la natura tipica dell'assegno sociale, essa deve essere riconosciuta anche allo straniero in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo. Non occorre quindi il requisito della residenza. A sancirlo la normativa di settore analizzata in dettaglio nella motivazione della sentenza.
La vicenda processuale
La Corte d'Appello riformando la sentenza di primo grado rigetta la domanda avanzata da un titolare della carta di soggiorno, non iscritto nei registri anagrafici del Comune in cui risiedeva la figlia, presso cui dimorava. L'appellante in particolare si oppone alla revoca dell'assegno sociale disposta dall'Inps e alla richiesta dell'indebito percepito dal primo giungo 2008 fino al 2011 a causa della mancanza di prove del regolare soggiorno sul territorio di tipo non occasionale o transitorio.
Per la Corte il clandestino o colui che viola le norme per l'ingresso sul territorio dello Stato non può godere della provvidenza. Ai fini della prestazione inoltre non si può prescindere dall'iscrizione anagrafica dello straniero extracomunitario, requisito a cui non si può ovviare in altro modo. Inoltre poiché la residenza è requisito imprescindibili per la prestazione dell'assegno sociale anche per il cittadino italiano, tale requisito, se richiesto per lo straniero, non può ritenersi discriminatorio.
Dopo la riforma applicabile del 2009 inoltre il soggiorno legale dello straniero in Italia in modo non episodico e di non breve durata, è da ritenersi requisito ulteriore e diverso da quello della residenza. Il soccombente ricorre quindi in Cassazione, l'INPS resiste con controricorso.
Per l'assegno sociale basta il permesso di soggiorno di lungo periodo dal 2009
La Cassazione con sentenza n. 15170/2019 accoglie il primo motivo di ricorso dello straniero al termine di una complessa e motivata decisione.
Sulla violazione dei principi che prevedono l'equiparazione dello straniero al cittadino italiano, con conseguente richiesta del requisito della residenza anagrafica come condizione necessaria per la corresponsione dell'assegno sociale la cassazione precisa che, con l'art 39 della legge 40/1998 il legislatore ha equiparato ai fini dell'assegno sociali, i cittadini italiani agli stranieri titolari di carta o permesso di soggiorno.
In seguito, l'art 80 comma 19 della legge 388/2000 ha previsto che, ai fini dell'assegno sociale gli stranieri debbano essere titolari della carta di soggiorno, sostituita dal permesso di soggiorno di lungo periodo per la durata di almeno 5 anni dall'art. 9 del dlgs. n. 286/1998. L'art 20 del dl n. 112/2008 ha disposto infine che: "a decorrere dal 1° gennaio 2009, l'assegno sociale di cui all'art 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335 è corrisposto agli aventi diritto, a condizione che abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno 10 anni nel territorio nazionale."
Ora, la vicenda ha inizio nel 2008, ovvero in epoca anteriore all'entrata in vigore della nuova disposizione, che prevede come termine di decorrenza il 1° gennaio 2009. Vero però che il tema del radicamento territoriale dello straniero, al fine di riconoscere la prestazione dell'assegno sociale era già emerso, soprattutto in riferimento alla natura dello stesso.
La Corte Costituzionale infatti, con sentenza n. 50 del 2019 ha ritenuto non irragionevole il solo requisito del permesso di soggiorno per lo straniero extracomunitario "in virtù del fatto che l'assegno sociale è misura che, rivolgendosi a chiunque abbia compiuto 65 anni di età, persegue finalità peculiari e diverse rispetto a quelle proprie delle misure di assistenza legate a specifiche esigenze di tutela sociale della persona che non tollerano discriminazioni, come nel caso di invalidità psicofisiche. (…) Come si è detto, l'assegno sociale per chi abbia 65 anni (che dal 1°gennaio 2019 spetta a coloro che abbiano raggiunto l'età di 67 anni) è una prestazione sociale riservata a coloro che, privi di reddito adeguato e di pensione, abbiano raggiunto un'età in linea di massima non più idonea alla ricerca di un'attività lavorativa e che mantengano comunque la effettiva residenza in Italia, tale prestazione è pertanto legittimamente riservata ai cittadini italiani, ai cittadini europei e ai cittadini extracomunitari solo se titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo."
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