di Annamaria Villafrate - Applicabili all'assegno di mantenimento gli stessi principi previsti dalle SU del 2018 per l'assegno divorzile. Queste le conclusioni della Cassazione nell'ordinanza n. 16405/2019 (sotto allegata), nel respingere il ricorso di una giovane donna, tradita dall'ex marito e in difficoltà economica. Nella determinazione della misura incide infatti la breve durata del matrimonio, mentre nessun rilievo assume il tenore di vita della coppia durante lo stesso. L'assegno di mantenimento deve essere piuttosto commisurato al contributo fornito dal richiedente alla realizzazione della vita familiare.
La vicenda processuale
La signora S.M. appellava la decisione del Tribunale che, nel giudizio di separazione dal marito A.B, aveva respinto la sua domanda di addebito e quella relativa alla richiesta dell'assegno di mantenimento a carico del coniuge di di 400 euro mensili o nella diversa somma ritenuta di giustizia. La Corte di appello riformava in parte la decisione impugnata disponendo a carico dell'uomo l'obbligo di versare 170 euro mensili a titolo di contributo al mantenimento della ex moglie. Per la Corte le condotte dell'ex marito non erano tali da aver determinato la crisi irreversibile del rapporto. Quanto alla domanda di assegno la Corte, nel commisurare il contributo al mantenimento teneva conto dei seguenti parametri:
- differenza di capacità reddituale,
- breve durata del matrimonio e della convivenza,
- inesistenza di una condizione di agiatezza soprattutto della donna, costretta a tornare a vivere con i genitori.
Avverso la decisione del giudice di secondo grado, la S.M ricorreva in Cassazione lamentando in sostanza la mancata valutazione da parte della Corte delle condotte del marito, ai fini dell'addebitabilità della separazione e l'omesso esame e richiesta della documentazione segnalata dalla moglie, da cui avrebbe potuto ricavare maggiori informazioni sulla condizione reddituale dell'ex coniuge, con conseguente diversa commisurazione del contributo al mantenimento da corrisponderle.
L'assegno di mantenimento non deve ripristinare il tenore di vita
La Cassazione, con ordinanza n. 16405/2019, rigetta il ricorso della moglie per le seguenti ragioni. Per quanto riguarda il mancato accoglimento da parte della Corte d'Appello della domanda di addebito della separazione
la Cassazione ritiene corretti i principi a cui si è attenuto il giudice di secondo grado, nel valutare le condotte del marito, che ha ritenuto non così gravi da integrare violazioni degli obblighi coniugali e non idonei a causare, in via esclusiva, la crisi definitiva del rapporto. L'infedeltà del marito infatti "è intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della con vivenza."Più complessa e interessante la pronuncia relativa all'assegno di mantenimento. La Cassazione infatti, richiamando precedente sentenza, ritiene che "alla durata del matrimonio può essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell'assegno di mantenimento." Non solo, per gli Ermellini anche all'assegno di mantenimento previsto in caso di separazione si possono applicare i principi sanciti dalla SU n. 18287/2018 per l'assegno divorzile. Nel respingere la richiesta relativa all'assegno di mantenimento della ex moglie la Suprema Corte precisa infatti che la funzione dell'assegno "non è più, neanche dopo la sentenza delle Sezioni Unite n. 18287 dell'11 luglio 2018, quella di realizzare un tendenziale ripristino del tenore di vita goduto da entrambi i coniugi durante il matrimonio ma invece quello di assicurare un contributo volto a consentire al coniuge richiedente il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare."
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Scarica pdf Cassazione ordinanza n. 16405-2019