di Lucia Izzo - Cassa Forense ha facoltà di rettificare la misura della pensione da essa liquidata agli avvocati. Tale potere può essere esercitato nei limiti della prescrizione decennale poiché l'ente previdenziale, all'atto della domanda di pensione, può controllare la corrispondenza tra le dichiarazioni annuali dei redditi e le comunicazioni annualmente inviate dall'iscritto, limitatamente agli ultimi dieci anni.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 16415/2019 (qui sotto allegata) rigettando il ricorso di un avvocato che aveva convenuto in giudizio Cassa Forense per ottenere la corresponsione della pensione annua lorda.
- La vicenda
- Cassa Forense: resta il carattere pubblicistico dell'attività di previdenza e assistenza
- Cassa Forense può rettificare la liquidazione della pensione agli avvocati
La vicenda
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L'avvocato lamenta una lesione del principio dell'affidamento, garantito tanto dall'ordinamento giuridico nazionale che sovranazionale, estensibile alle Casse professionali stante la loro natura privatistica. Nel dettaglio, secondo il legale, quando Cassa aveva inviato due missive comunicandogli la determinazione della pensione in oltre 11mila euro, si era impegnata con una proposta contrattualmente vincolante poi accettata dallo stesso avvocato.
Pertanto, l'obbligo di corrispondergli l'importo da lui accettato, ritiene il ricorrente, non sarebbe potuto essere unilateralmente rideterminato come invece era avvenuto nei suoi confronti avendo Cassa Forense provveduto a ricalcolare la pensione spettantegli.
Cassa Forense: resta il carattere pubblicistico dell'attività di previdenza e assistenza
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Gli Ermellini precisano che la natura di ente di diritto privato della Cassa non può essere messa in dubbio, ma del pari innegabile è la natura pubblica dell'attività dalla stessa svolta. E ciò in considerazione della trasformazione di cui Cassa è stata protagonista a seguito della delega conferita al Governo dalla L. n. 537/1993 e del successivo d.lgs. n. 509/1994,
La suddetta "privatizzazione" ha lasciato infatti immutato il carattere pubblicistico dell'attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dagli enti, articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi e che l'obbligo contributivo costituisce un corollario, appunto, della rilevanza pubblicistica dell'inalterato fine previdenziale (cfr. Corte Cost. n. 248/1999).
La privatizzazione della Cassa, dunque, non ha mutato la natura assolutamente indisponibile ed inderogabile delle norme (di legge o regolamentari) disciplinanti la prestazione previdenziale alla quale non si può applicare lo schema privatistico "proposta contrattuale - accettazione".
Nel caso in esame, non è invocabile il principio dell'affidamento declinato dalla Cassazione stessa con riferimento ad ipotesi in cui l'ammontare della prestazione pensionistica, correttamente calcolata in proporzione ai contributi versati e secondo la normativa vigente, era stato oggetto di unilaterali riduzioni da parte di provvedimenti dell'ente previdenziale.
Cassa Forense può rettificare la liquidazione della pensione agli avvocati
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Vero è che la Suprema Corte ha affermato che, una volta maturato il diritto alla pensione di anzianità, l'ente previdenziale debitore non può, con atto unilaterale, regolamentare o negoziale, ridurne l'importo, tanto meno adducendo generiche ragioni finanziarie, poiché ciò lederebbe l'affidamento del pensionato, tutelato dall'art. 3, secondo comma, Cost., nella consistenza economica del proprio diritto soggettivo.
Tuttavia, la Cassazione stessa, nella sentenza n. 501/2009, non solo ha riaffermato la natura pubblica dell'attività svolta dalla Cassa, ma ha ammesso che la stessa possa procedere alla rettifica della liquidazione della pensione, entro determinati limiti temporali.
In particolare, la Corte ha precisato che "in materia di previdenza forense, in assenza di specifica norma che consenta alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense - ente con personalità di diritto privato - di rettificare senza limiti di tempo la misura della pensione da essa liquidata (a differenza di quanto è previsto dall'art. 52 della legge n. 88 del 1989 in riferimento alle gestioni previdenziali affidate all'INPS), siffatto potere può essere esercitato nei limiti della prescrizione decennale, secondo quanto è dato desumere dall'art. 20 della legge n. 876 del 1980, che prevede la facoltà dell'ente previdenziale di controllare, all'atto della domanda di pensione, la corrispondenza tra le dichiarazioni annuali dei redditi e le comunicazioni annualmente inviate dallo stesso iscritto, limitatamente agli ultimi dieci anni, così da far prevalere l'esigenza di certezza dei rapporti giuridici rispetto all'esigenza di far valere, senza limiti temporali, l'esatta corrispondenza della posizione contributiva previdenziale delle regole disciplinanti la sua configurazione".
Alla luce di tali principi, pertanto, il ricorso dell'avvocato va rigettato.
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