di Lucia Izzo - Il proprietario non ha diritto di introdursi e trattenersi nell'appartamento concesso in comodato poiché, in virtù del contratto di cui all'art. 1803 c.c., il comodatario acquisisce la detenzione qualificata della cosa, divenendo titolare di un diritto personale di godimento sul bene.
Risulta, infatti, legittimo per il comodatario esercitare lo jus excludendi che deve senz'altro riconoscersi anche al possessore o al detentore dell'immobile qualora questi vi abbiano la loro privata dimora. Rischia dunque un'accusa per violazione di domicilio il proprietario che usa le chiavi in suo possesso per accedere in casa del comodatario e cacciare via i suoi ospiti.
Lo ha sancito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 24448/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso promosso da un uomo condannato per violazione di domicilio commesso in pregiudizio della persona a cui aveva concesso un appartamento di sua proprietà.
- Il caso
- Violazione di domicilio e jus excludendi omnes alios
- Jus excludendi anche al possessore o detentore del bene per privata dimora
- Viola il domicilio il proprietario che si introduce senza permesso in casa del comodatario
Il caso
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Nel dettaglio, il proprietario si era introdotto nell'appartamento, in tarda ora serale, facendo uso delle chiavi in sui possesso e aveva scacciato gli ospiti del comodatario.
In Cassazione, il proprietario contesta il reato di cui all'art. 614 c.p. lui ascritto, affermando che nel contratto di comodato con cui aveva concesso il godimento dell'immobile alla persona offesa, era previsto l'obbligo, in capo al comodatario, di far accedere il comodante nell'immobile in qualsiasi giorno e ora senza alcun preavviso. Pertanto, sostiene l'imputato, introducendosi nell'appartamento egli non aveva fatto altro che esercitare il proprio diritto.
A salvare l'imputato dalla condanna, tuttavia, non è però la sua ricostruzione dell'accaduto, bensì l'avvenuta prescrizione del reato che comporta l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna, salvi gli effetti civili.
Nel merito, invece, l'interpretazione della difesa viene giudicata inammissibile dalla Corte di Cassazione che ritiene accertato il fatto ascritto all'imputato, introdottosi senza il consenso del comodatario all'interno dell'immobile concesso in godimento e adibito a privata dimora. Ancora, si ritiene infondata la questio iuris se sia integrata la violazione di domicilio qualora il comodatario si sia contrattualmente impegnato a fare accedere il comodante nell'immobile in ogni momento e senza preavviso.
Violazione di domicilio e jus excludendi omnes alios
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L'interesse giuridico tutelato dall'art. 614 c.p., spiega il Collegio, va individuato nella libertà della persona, colta nella sua proiezione spaziale, rappresentata dal domicilio, di cui viene garantita l'inviolabilità, conformemente al precetto di cui all'art. 14 della Costituzione (che attribuisce al domicilio le stesse garanzie della libertà personale) e alla disposizione di cui all'art. 8, par. 1, CEDU.
Pertanto, il soggetto passivo del delitto di violazione di domicilio è colui che, per avere la disponibilità esclusiva di uno spazio nel quale si esplica la propria personalità individuale in piena libertà, ha la titolarità del diritto di vietare a terzi l'ingresso o la permanenza in esso, che viene ad identificarsi in uno dei luoghi presi in considerazione dalla norma penale citata.
In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza di legittimità secondo cui, per individuare il titolare dello "jus excludendi omnes alios", occorre avere riguardo al contenuto del diritto alla libertà del domicilio, che non è astrattamente predeterminato, ma è variabile e definibile solo in concreto, in ragione dell'effettivo atteggiarsi della relazione tra il soggetto e il bene scelto come abitazione o luogo ad essa equiparabile (cfr. Cass., n. 42806 /2014).
Jus excludendi anche al possessore o detentore del bene per privata dimora
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Il legittimo esercizio dello jus excludendi, spiega la Cassazione, presuppone quindi l'esistenza di una situazione di fatto che colleghi in maniera sufficientemente stabile il soggetto allo spazio fisico in cui si esplica la sua personalità (cfr. Cass., n. 47500/2012).
Di conseguenza, lo jus excludendi deve senz'altro riconoscersi, oltre che al legittimo proprietario dell'immobile che ivi abbia stabilito il proprio domicilio, anche al possessore o al detentore del bene, sempre che questi vi abbiano la loro privata dimora, stante il diverso atteggiarsi delle molteplici relazioni potenzialmente intercorrenti tra il bene prescelto come dimora e il soggetto che ha operato la relativa scelta.
Nel caso esaminato, il rapporto tra comodante e comodatario risulta disciplinato da un apposito contratto, indicativo della previsione di un'apprezzabile durata della permanenza del comodatario all'interno del luogo scelto come abitazione. Non vi è dubbio, quindi, che la parte offesa avesse fissato il proprio domicilio nell'immobile concessogli in uso, dal quale, dunque, egli poteva legittimamente escludere gli estranei, ivi compreso il proprietario dell'alloggio.
Viola il domicilio il proprietario che si introduce senza permesso in casa del comodatario
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Il proprietario, quindi, non aveva alcun diritto di introdursi e di trattenersi all'interno dell'immobile concesso in comodato, neppure in base all'interpretazione letterale della clausola contrattuale richiamata dalla sua difesa: l'accesso, a norma del contratto, infatti, gli risultava concesso solo qualora il comodatario lo avesse consentito, adempiendo in tal modo all'obbligo negozialmente assunto.
D'altronde, rammenta il Collegio, la stessa giurisprudenza ha confermato che è legittimo l'esercizio dello jus excludendi da parte del comodatario nei confronti dei terzi, a tutela dell'inviolabilità del domicilio in capo al comodatario, stante la legittima detenzione del bene attuata mediante la sua consegna e l'utilizzo esclusivo del bene dal contratto derivante (cfr. Cass. n. 29093/2015).
Infatti, in virtù del tipo di contratto di cui all'art. 1803 c.c., il comodatario acquisisce la detenzione qualificata della cosa, divenendo titolare di un diritto personale di godimento sul bene, avente come contenuto l'uso esclusivo del bene per gli scopi determinati dal contratto o dalla natura della cosa, cui corrisponde, nel comodante, la perdita del godimento e dell'uso della cosa stessa dal momento della consegna al comodatario.
Scarica pdf Cass., V pen., sent. n. 24448/2019• Foto: 123rf.com