di Elisabetta Vanni - L'attività tipica dell'agente ai sensi dell'art. 1742 c.c. e dell'art. 1746 c.c. consiste nella promozione, per conto del preponente, della conclusone di contratti in una zona determinata.
Invero, nella maggior parte dei casi, l'agente è chiamato a svolgere una pluralità di attività collaterali e/o accessorie strettamente connesse a quella tipica.
- L'agente e le attività accessorie
- L'attività di merchandising
- Il corrispettivo di natura non provvigionale
L'agente e le attività accessorie
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Si tratta in genere di attività, quali ad esempio l'individuazione del cliente, l'illustrazione o la promozione dei prodotti, il controllo delle vendite, l'incasso, oppure anche il coordinamento di altri agenti che si inseriscono nel più ampio spettro delle competenze dell'agente senza, tuttavia, mutare la causa tipica del contratto di agenzia.
Esistono, altresì, ipotesi di attività accessorie che, seppur legate geneticamente e funzionalmente al contratto di agenzia, mantengono una propria autonoma regolamentazione. [1]
Si pensi all'attività di "tentata vendita"[2], o l'attività di merchandising - di cui si dirà nel presente articolo - oppure il contratto di agenzia con deposito[3].
Una tale autonomia si riflette naturalmente nel diritto dell'agente di ricevere un corrispettivo specifico e distinto dalla provvigione ex art. 1748 c.c. [4]. Ciò significa che a fronte dell'esercizio delle suddette attività, l'agente ha diritto ad un'indennità separata ed aggiuntiva a natura non provvigionale, calcolata solitamente in misura forfettaria o in percentuale sul fatturato complessivo.
L'attività di merchandising
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Tra le principali attività accessorie e/o complementari che un agente è solito svolgere vi è l'attività di merchandising.
Quest'ultima può essere definita come un insieme di attività di marketing con lo scopo di promuovere la vendita di una determinata linea di prodotti, o anche di un solo prodotto ed il preciso compito di regolare il comportamento d'acquisto del consumatore all'interno del punto vendita.
La Corte di Cassazione nella sentenza n. 6896 del 08/04/2004 così ne parla :" il merchandising è un contratto avente ad oggetto la esposizione di prodotti negli spazi e sugli appositi banchi di vendita di un grande magazzino o centro commerciale, al fine di rendere i prodotti stessi più appetibili per i consumatori,[…] su incarico di una impresa […]."
Posto ciò, l'attività di merchandising costituisce un rapporto giuridico autonomo rispetto a quello di agenzia di cui agli artt. 1742 e ss. e rappresenta un'attività ontologicamente distinta da quella tipica dell'agente.
Si presenta, infatti, come elemento accessorio al contratto di agenzia che determina la sussistenza di un contratto collegato con vincolo di dipendenza unilaterale[5].
Ne consegue che le vicende che riguarderanno il contratto di agenzia si rifletteranno sul contratto accessorio di merchandising, mentre, le vicende del contratto accessorio non avranno riflesso su quello principale[6].
Anche la giurisprudenza di legittimità ormai riconosce che: "merchandising "(Cass. Civ., Sez. Lav., 26/01/2017, n. 1998; Cass. Civ., sez. II, 22/05/2014, n. 11369) [7] Oppure, ancora:" accanto alle obbligazioni principali del contratto di agenzia, è evenienza comune che l'agente sia incaricato di svolgere attività accessorie a quelle tipizzate, […] Tali attività possono costituire oggetto di autonomi contratti, i quali integrano gli estremi di contratti collegati al contratto di agenzia, con vincolo di dipendenza unilaterale." (Cass. Civ. 2289/2017).
La prassi vuole che nella maggior parte dei casi non vi sia un'espressa menzione di tale attività nel contratto d'agenzia, ma che l'agente ne venga ugualmente incaricato[8].
E difatti accade spesso che l'agente, che voglia far valere il proprio diritto al riconoscimento dell'attività di merchandising, si trovi dinanzi al rifiuto del preponente, il quale considera il merchandising attività "tipica" del contratto di agenzia.
Tuttavia, è ormai chiarito che (ed anche la giurisprudenza si è pacificamente mossa in questo senso) vi siano tutti gli strumenti giuridici e normativi per poter ottenere da parte dell'agente il riconoscimento dello svolgimento dell'attività accessoria di merchandising e dei diritti connessi.
Il corrispettivo di natura non provvigionale
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L'autonomia negoziale dell'attività di merchandising determina il diritto per l'agente ad un compenso ulteriore ed aggiuntivo rispetto alla provvigione ex contractu.
Le già sopra citate pronunce della Suprema Corte affermano che in caso di svolgimento di attività di merchandising: " [..] se svolta, va separatamente remunerata, salvo diverse specifiche pattuizioni attraverso le provvigioni da quest'ultimo percepite"(Cass. Civ., Sez. Lav., 26/01/2017, n. 1998 cit.). Anche nella giurisprudenza di merito si ritiene che "Nell'ipotesi di svolgimento di attività aggiuntiva e concettualmente distinta dalla mera attività agenziale, iniziata nel corso del rapporto e proprio per ciò insensibile alla onnicomprensiva pattuizione provvigionale concordata originariamente, deve essere riconosciuto all'agente - ex art. 2225 c.c. - un corrispettivo per l'opera prestata, da determinarsi in via percentualistica (fattispecie relativa ad attività di merchandising)" (Tribunale Napoli sentenza del 25/01/2002).
Un'espressa previsione si ha solo negli AEC 2009 del commercio (art. 9), i quali stabiliscono la necessità di riconoscere all'agente un'indennità a natura non provvigionale a fronte del compimento di attività accessorie; qui, però, non vi è alcun riferimento alle modalità o ai criteri di calcolo di essa.
Pertanto, e direi in linea generale, è certamente opportuno che le parti inseriscano nel contratto sia il riconoscimento di tale compenso aggiuntivo sia il quantum di esso, al fine di evitare un eventuale contenzioso che conduca ad una determinazione giudiziale alle volte anche eccessivamente onerosa per il preponente.[9]
[1] Così A. Venezia, R. Baldi, Il contratto di agenzia, IX ed., pagg. 600-601, Giuffrè Editore, Milano.
[2] Gli agenti operanti in "tentata vendita" propongono ai clienti l'acquisto di merce ed provvedono sia alla consegna diretta che all'incasso in nome e per conto del preponente.
[3] Tra il preponente e l'agente può essere concluso anche un contratto di deposito secondo cui l'agente tiene in deposito i prodotti del preponente per poi consegnarli direttamente al cliente.
[4] Di ciò se ne ritrova riconoscimento espresso, oltre che in giurisprudenza, nella contrattazione collettiva. V. art. 9, comma 2 AEC 2009 settore commercio:" Qualora l'agente od il rappresentante svolga altre attività complementari od accessorie (quali a titolo esemplificativo e non esaustivo il coordinamento e/o la formazione di agenti, attività di merchandising, ecc.), indicate specificamente in un accordo scritto, le stesse daranno titolo ad un separato compenso, da individuarsi espressamente nel contratto individuale o in comunicazione successiva sottoscritta da entrambe le parti, riferendosi la provvigione esclusivamente all'attività promozionale svolta dall'agente o dal rappresentante. L'agente od il rappresentante avrà diritto allo stesso compenso per attività complementari di fatto svolte a favore della preponente benché non risultanti da apposito patto scritto. In questo caso sarà onere dell'agente fornire prova dell'attività accessoria svolta."; oppure, art. 6, comma 3 AEC 2002 settore industria "Nel caso in cui sia affidato all'agente o rappresentante l'incarico di coordinamento di altri agenti in una determinata area, purché sia specificato nel contratto individuale, dovrà essere stabilito uno specifico compenso aggiuntivo, in forma non provvigionale." In ogni caso, la prassi vuole che la percentuale si aggiri attorno al 3/5% del fatturato.
[5] Così, A. Venezia, R. Baldi, op. cit., pag. 601.
[6] Con riferimento alle conseguenze derivanti dalle vicende di un contratto rispetto all'altro si veda F. Toffoletto, Il contratto di agenzia, in Trattato di diritto civile e commerciale, Giuffrè Editore, 2008, Milano, pagg. 148-150. Sulla sorte del contratto accessorio in caso di recesso dal rapporto di agenzia, si veda, ex multis, Cass. Civ. , Sez. Lav., 16940/2018
[7] La fattispecie riguardava un caso parzialmente diverso, trattandosi di attività di deposito.
[8] Va da sé che l'espressa menzione nel contratto di agenzia non determina alcuna problematica rilevante, posto che vi deve essere altresì specificata la misura del compenso.
[9] Si ritiene di dubbia validità l'inserimento di eventuali clausole che prevedano che una parte della provvigione sia imputata a titolo di attività accessorie. Così A. Venezia, R. Baldi, op. cit., pagg. 263-264
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