di Valeria Zeppilli - Nei giudizi di responsabilità medica, occorre considerare sempre che la mancata acquisizione del consenso e l'errore nell'intervento medico costituiscono due prestazioni ben distinte, che non possono essere considerate complessivamente.
Due risarcimenti
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Tale distinzione, in termini pratici, comporta che il risarcimento spettante al paziente che non abbia rilasciato il proprio consenso a un intervento che, poi, non sia neanche stato eseguito correttamente è doppio: uno per l'errata esecuzione della prestazione del sanitario e un altro, ulteriore e autonomo, per l'omesso consenso informato.
Diversità dei diritti
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Sul punto si è soffermata di recente la Corte di cassazione, con l'ordinanza numero 16892/2019 qui sotto allegata, che, facendo leva sulla distinzione, la ha giustificata in ragione della diversità dei diritti che sono pregiudicati nelle due differenti ipotesi.
Più precisamente, per i giudici, "il consenso informato attiene al diritto fondamentale della persona all'espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico … e, quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente".
Per quanto riguarda invece il trattamento medico terapeutico, esso "ha viceversa riguardo alla tutela del (diverso) diritto fondamentale alla salute".
Se doppia è la lesione, quindi, anche il risarcimento è doppio.
La vicenda
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Nel caso di specie, i ricorrenti lamentavano che il giudice del merito, a fronte delle loro molteplici richieste risarcitorie, avesse trattato solo ed esclusivamente il danno da nascita indesiderata di loro figlio, e non gli ulteriori danni da invalidità temporanea totale e parziale e da invalidità permanente, nel loro aspetto biologico, patrimoniale ed extrapatrimoniale, quale conseguenza dell'omessa diagnosi in utero della malformazione del feto. I due avevano chiesto anche i danni psichico e da diminuita vita di relazione.
Per la Corte, la sentenza va quindi cassata per una nuova valutazione del risarcimento spettante ai ricorrenti.
Scarica pdf ordinanza Cassazione numero 16892/2019