di Lucia Izzo - In tema d'imposta di registro, il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore dal garante che abbia stipulato una polizza fideiussoria e che sia stato escusso dal creditore è soggetto all'imposta con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto, ma esercita un'azione di rimborso di quanto versato.
È questo il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 18520/2019 (qui sotto allegata), che ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate e risolto un contrasto giurisprudenziale.
- Il contrasto giurisprudenziale
- Decreto ingiuntivo garante: sconta l'imposta di registro proporzionale
- Niente principio di alternatività per il decreto ingiuntivo ottenuto dal garante
Il contrasto giurisprudenziale
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La questione rimessa alle Sezioni Unite riguarda la determinazione della misura, proporzionale al valore della condanna o fissa, dell'imposta di registro da applicare al decreto ingiuntivo ottenuto dal garante nei confronti del debitore principale inadempiente per il recupero delle somme pagate al creditore principale in virtù di polizza fideiussoria.
Al fondo della questione c'è il dubbio sull'applicabilità nel caso in esame del principio di alternatività tra IVA e imposta di registro.
In argomento, non si riscontra un orientamento univoco in seno alla sezione tributaria della Cassazione. Una prima tesi vi ravvisa un'operazione complessiva inscindibile, la quale sarebbe assoggettata a trattamento fiscale unitario, indipendentemente, dunque, dal fatto che l'obbligazione sia adempiuta dal debitore in esecuzione del contratto principale o dal garante, qualificato come fideiussore.
Si è dunque propugnata la registrazione a tassa fissa del decreto ingiuntivo ottenuto dal garante, quando
l'obbligazione principale è relativa a operazione soggetta a imposta sul valore aggiunto.
Decreto ingiuntivo garante: sconta l'imposta di registro proporzionale
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Di contro, altro orientamento, a cui le Sezioni Unite scelgono di dare seguito, ha escluso l'unitarietà e inscindibilità dell'operazione complessiva, ritenendo che il titolo da cui deriva il debito principale sia distinto dalla polizza fideiussoria, dalla quale trae origine la prestazione di garanzia, e che assume la configurazione di contratto autonomo di garanzia.
Una volta scissa l'operazione nei tre rapporti rispettivamente intercorrenti tra debitore principale e creditore (rapporto di valuta), tra creditore e garante, e tra garante e debitore principale (rapporto di provvista), si è sottolineato che il garante, a seguito del pagamento, non fa valere nei confronti del debitore corrispettivi di prestazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto.
Sicché il decreto ingiuntivo ottenuto dal primo nei confronti del secondo, al quale non sarebbe applicabile il principio di alternatività, sconterebbe l'imposta di registro con aliquota proporzionale al valore della condanna.
La Suprema Corte evidenzia come la polizza fideiussoria non mira a garantire l'adempimento dell'obbligazione principale, bensì a indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore: la prestazione che ne è oggetto è quindi qualitativamente altra rispetto a quella oggetto dell'obbligazione principale.
Di qui l'autonomia della garanzia, che risponde appunto a funzione indennitaria e non satisfattoria, perché è volta al trasferimento da un soggetto a un altro del rischio economico derivante dalla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale oppure dall'insussistenza dei presupposti per ottenere il rimborso dell'IVA.
Niente principio di alternatività per il decreto ingiuntivo ottenuto dal garante
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In definitiva, poiché nel caso di decreto ingiuntivo ottenuto dal garante autonomo solvens nei confronti del debitore principale non vengono in considerazione "corrispettivi o prestazioni soggetti a imposta sul valore aggiunto", non trova spazio il principio di alternatività.
Quando il garante chiede l'emissione del decreto ingiuntivo per ottenere dal debitore principale quanto ha versato al creditore, non fa affatto valere il credito da corrispettivo per la prestazione resa al debitore, in seno al rapporto che a lui lo lega, ossia il costo della garanzia.
Egli si limita, evidenzia il Collegio, a ristorarsi di quanto versato, mediante l'esercizio di azione di rivalsa nei confronti del debitore. Sicché il titolo giudiziario ottenuto dal garante, concernendo la somma già da lui versata, non ha ad oggetto il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto: non dispone una prestazione soggetta a IVA, ossia quella di garanzia, già eseguita e verosimilmente remunerata col premio; per conseguenza, non ne riguarda il corrispettivo, ossia il controvalore effettivo del servizio prestato all'utente.
Ne consegue l'applicazione dell'art. 8, comma 1, lettera b), della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/86, che assoggetta gli atti dell'autorità giudiziaria, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi (che scontano l'imposta di registro in base all'art. 37 del medesimo decreto), recanti condanna al pagamento di somme o valori all'imposta di registro con aliquota proporzionale del 3%.
Scarica pdf Cass., Sezioni Unite, sent. 18520/2019• Foto: 123rf.com