di Lucia Izzo - In tema di azione revocatoria riguardante un atto dispositivo a titolo gratuito compiuto dal debitore anteriormente al sorgere del credito, deve verificarsi la sussistenza del "consilium fraudis" ovvero, la consapevolezza del pregiudizio e la dolosa preordinazione.
L'attore, ovvero colui che agisce in revocatoria, nel caso dell'anteriorità del credito ha l'onere di dimostrare il dolo generico del disponente ovvero l'avere questi scaltramente compiuto un atto dispositivo del suo patrimonio volto, anche nel futuro, a pregiudicare il creditore. In mancanza della prova di tale "premeditazione", l'azione non può essere accolta dal giudice.
Lo ha chiarito il Tribunale di Palermo, seconda sezione civile, in una sentenza resa il 26/06/2019 (qui sotto allegata) respingendo l'istanza di una Banca nei confronti dei convenuti difesi dagli avvocati Sandro di Carlo e Giancarlo Pellegrino.
- La vicenda
- L'azione revocatoria ordinaria
- "Consilium fraudis" atto dispositivo a titolo gratuito anteriore al credito
- Revocatoria respinta se manca la prova del dolo generico
- La conoscenza del pregiudizio in capo al terzo
La vicenda
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La situazione portata all'attenzione del giudice siciliano ha ad oggetto un'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 del codice civile. Nel dettaglio, la banca attrice sostiene che la donazione di un immobile avvenuta nel 2012, effettuata da un padre nei confronti delle proprie figlie, avesse pregiudicato le proprie ragioni creditorie e, pertanto, ne chiede la revocabilità.
Si tratta di un atto compiuto anteriormente all'erogazione del mutuo concessa dalla banca, nel 2013, in favore della società del quale il padre era rappresentante nonché fideiubente, dunque garante. Decorsi 3 anni, durante i quali i debitori avevano pagato puntualmente le rate del mutuo, questi erano incorsi nella mora per la restituzioni di 11 rate decorrenti da gennaio 2016 e, infine, erano stati costituiti in mora ex art. 1219 c.c. a far data da ottobre 2016 e gennaio 2017. In seguito, la banca aveva deciso di agire in revocatoria.
L'azione revocatoria ordinaria
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Il giudice siciliano, alla luce della copiosa documentazione versata in giudizio che fornisce puntuale elencazione dei fatti e dei rapporti intercorsi tra banca attrice e convenuto, nonché dopo un attento vaglio della giurisprudenza di legittimità e merito in materia di azione pauliana, decide di rigettare le domande attoree.
Nel dettagli, rammenta il Tribunale, l'azione revocatoria ordinaria ha quale presupposto fattuale e normativo il "confezionamento di un atto dispositivo del patrimonio del debitore e che arrechi pregiudizio alle ragioni del credito"
per approfondimenti Azione revocatoria ordinaria
Sinteticamente, le condizioni dell'azione sono: l'esistenza di un diritto di credito verso il debitore; la conoscenza, da parte del debitore, del pregiudizio arrecato e, in ipotesi di atto a titolo oneroso, la conoscenza del pregiudizio anche da parte del terzo; in ipotesi, invece, di atto a titolo gratuito, non è necessario che il terzo beneficiario sia consapevole del pregiudizio arrecato con l'atto alle ragioni del creditore, ma e necessario che il debitore sia consapevole del pregiudizio che l'atto dispositivo arrcherà alle ragioni del creditore.
Oggetto dell'azione revocatoria, dunque, sono sia gli atti dispositivi compiuti dal debitore successivamente al sorgere del credito, sia quelli compiuti anteriormente, purché dolosamente preordinati a pregiudicare le ragioni creditorie.
In tal caso, se l'atto di cui si domanda la revoca è a titolo oneroso l'azione soggiace all'ulteriore condizione della partecipazione del terzo alla dolosa preordinazione posta in essere da parte del debitore, la c.d. partecipatio fraudis.
"Consilium fraudis" atto dispositivo a titolo gratuito anteriore al credito
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Nel caso di specie si è di fronte a un atto dispositivo a titolo gratuito compiuto dal debitore anteriormente al sorgere del credito e dunque appare necessario verificare se è rinvenibile il "consilium fraudis" che si atteggia, con riferimento all'atto di liberalità gratuita, da una parte, come consapevolezza del pregiudizio, dall'altra come dolosa preordinazione: in sostanza, l'attore (nel caso di specie la banca) ha l'onere di provare il dolo generico, nel caso dell'anteriorità del credito, e il dolo specifico nel caso della posteriorità.
Tale prova, si legge nel provvedimento, si otterrebbe soltanto dimostrando la sussistenza di quella che la dottrina definisce "calliditas", cioè l'accorta scaltrezza del disponente nel compiere un atto dispositivo del suo patrimonio che potrà anche nel futuro pregiudicare il suo creditore; mentre la prova del dolo specifico, nell'ipotesi della posteriorità del credito, importa la dimostrazione da parte dl creditore dell'animus nocendi nel debitore, cioè la sua precipua volontà di danneggiare il creditore al di là della prova della semplice "scentia damni" (cfr. Cass n. 13446/2013)
Revocatoria respinta se manca la prova del dolo generico
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Tanto premesso, il Tribunale ritiene che nel caso di specie manchi la prova del dolo generico attinente ad attività di infingimenti, raggiri, azioni ambigue, scaltre predisposizioni premeditate per sottrarre anticipatamente il suo patrimonio alla garanzia del credito della banca.
Atteso che la prova in tal caso procede per presunzioni, è del tutto da escludere che il giudice possa ricavare il dato increto della consapevolezza attuale (nel 2012) del pregiudizio che il debitore arrecherà al creditore nel futuro allorché il danno non si e ancora verificato alla data della stipula dell'atto di donazione.
Secondo il magistrato, "il danno, se tale si può definire un debito scaduto, si verificherà soltanto dopo che nel 2013 la banca avrà costituito il suo credito mediante concessione/erogazione del mutuo (...) in favore della società e al garante, dopo che decorsi ulteriori 3 anni, durante i quali i debitori hanno pagato puntamento le rate del mutuo, sono incorsi nella mora per la restituzione di 11 rate decorrenti da gennaio 2016 e, infine, sono stati costituiti in mora ex art. 1219 c.c. soltanto a far data da ottobre 2016 e gennaio 2017".
La conoscenza del pregiudizio in capo al terzo
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Appare altresì ininfluente, ai fini dell'accoglimento della domanda di revocatoria, anche la conoscenza in capo al terzo del pregiudizio arrecato dal debitore alle ragioni del credito, neppure in caso di sussistenza del vincolo di parentela tra terzo acquirente e debitore, "quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente" (cfr. Cass., 22591/2017).
L'esito della vicenda sarebbe stato diverso, e il giudice avrebbe ritenuto sussistente la ricorrenza dell'eventus damni e della scentia fraudis pure nei terzi beneficiari della donazione dell'immobile, laddove le figlie avessero (durante i 5 anni tra il rogito e la domanda di revocatoria) alienato in favore di ulteriore soggetto terzo la proprietà acquistata per donazione, ovvero costituito diritti reali di garanzia a favore di terzi.
In tal caso sarebbe stata data piena prova della loro partecipazione fraudolenta alla sottrazione del bene dal patrimonio del debitore, loro dante causa, ma a la prova in tal senso non c'è e, in conclusione, la domanda attrice deve ritenersi infondata non sussistendo alcuna delle condizioni dettate dal legislatore per proporre l'azione revocatoria.
Si ringrazia l'Avv. Sandro Di Carlo per la cortese segnalazione