di Corrado De Rosa* - La legge n. 4 dell'11 gennaio 2018 (entrata in vigore a partire dal 16 febbraio 2018) in materia di tutela nei confronti degli orfani per crimini domestici, ha introdotto nel nostro ordinamento l'istituto della "sospensione dalla successione".
- Sospensione dalla successione: la norma
- Applicazione pratica e procedimento
- Dichiarazione di indegnità automatica
- Nomina del curatore ex art. 528 c.c. e giacenza pro quota
- La sospensione prima e dopo l'accettazione dell'eredità
- Spunti sulla natura giuridica dell'indegnità
- L'eventuale riabilitazione del soggetto indegno
- Il problema della pubblicità
Sospensione dalla successione: la norma
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In particolare l'art. 5 della suddetta legge ha riformato non solo il Codice di Procedura Penale, incidendo in maniera profonda sul meccanismo operativo dell'indegnità a succedere, ma anche sul Codice Civile, introducendo l'art. 463- bis c.c.La nuova norma prevede che chi risulti essere indagato per l'omicidio volontario o il tentato omicidio del coniuge/unito civile, di un genitore o di un fratello/sorella, venga sospeso dalla successione della vittima fino al decreto di archiviazione o alla sentenza definitiva di proscioglimento.
Applicazione pratica e procedimento
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L'art. 463-bis c.c., in realtà, ha ad oggetto una fattispecie in parte già presente nell'art. 463 comma 1 c.c. (omicidio volontario o tentato nei confronti del coniuge o di un ascendete); tuttavia il profilo di assoluta novità è rappresentato, appunto, dall'eventuale sospensione dalla successione del soggetto nei cui confronti è stato posto in essere il reato.
Va precisato che l'applicazione concreta della novella prende forma solo per gli eventi successivi all'entrata in vigore della stessa e, cioè, dopo il 16 febbraio 2018; per gli eventi delittuosi anteriori a detta data deve escludersi l'istituto della sospensione dalla successione.
Al compimento di uno dei suddetti avvenimenti viene attivato il procedimento penale, il quale può concludersi con una condanna ovvero con un decreto di archiviazione o una sentenza di proscioglimento; medio tempore, il tribunale nomina un curatore dell'eredità giacente ai sensi dell'articolo 528 c.c. con il compito di amministrare la quota che sarebbe destinata all'indagato (il tema della curatela sarà oggetto di approfondimento nel prosieguo dell'articolo).
Ove vi sia una condanna del soggetto "sospeso" dalla successione ovvero un patteggiamento, la sospensione si trasformerà in provvedimento definitivo, con conseguente dichiarazione di indegnità; viceversa ,in caso di decreto di archiviazione o di sentenza definitiva di proscioglimento, il provvedimento di sospensione perderà ogni suo effetto e il soggetto tornerà a poter decidere se accettare o meno l'eredità (qualora prima della sospensione non l'avesse ancora accettata).
È importante sottolineare come, a fronte della suindicata novella, la dichiarazione di indegnità potrà essere pronunciata anche in sede penale.
Dichiarazione di indegnità automatica
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Infatti, con l'introduzione nel Codice di Procedura Penale dell'art. 537-bis, il giudice penale, in sede di condanna per uno dei fatti previsti dall'articolo 463 del Codice Civile o in sede di patteggiamento della pena ex art. 444 c.p.p., pronuncerà l'esclusione del soggetto dalla successione per indegnità.
Tutto ciò ha portato ad un' assoluta novità sul piano procedurale in quanto la dichiarazione di indegnità è automatica, senza necessità che venga posto in essere un doppio passaggio processuale.
Prima dell'entrata in vigore della l. 2/2018, infatti, l'esclusione dell'indegno dalla successione non era automatica bensì conseguente solo ad apposita sentenza di indegnità pronunciata in sede civile. Prima di quest'ultima il reo poteva comunque conseguire lo status di erede e disporre dei beni ereditari.
La circostanza che il soggetto dichiarato indegno avrebbe dovuto, a posteriori, restituire quanto indebitamente conseguito ("indignus potest capere, sed non potest retinere") incideva inevitabilmente sulla valutazione dei rischi di dissipazione del patrimonio ereditario medio tempore.
Ad oggi, pertanto, tale rischio viene scongiurato, tanto più laddove ricorra la necessità di proteggere i figli o comunque la famiglia delle vittime, evitando che il carnefice possa addirittura giovarsi dell'eredità della persona defunta prima del sopraggiungere della sentenza di indegnità.
Ad ogni modo occorre precisare (e ciò rappresenta un'ulteriore innovazione sul piano giuridico) che, a fronte di quanto disposto dall'art 537- bis c.p.p., e, dunque, a fronte della possibilità che la dichiarazione di indegnità avvenga già in sede penale, è ben possibile che quest'ultima venga dichiarata anche quando non si è ancora aperta la successione (ovviamente la fattispecie è limitata all'ipotesi di tentato omicidio).
Nomina del curatore ex art. 528 c.c. e giacenza pro quota
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Come innanzi accennato, in attesa del provvedimento finale, il tribunale nomina un curatore in base alle norme sull'eredità giacente di cui all'art. 528 c.c.
Si badi come, in virtù della suddetta novella introdotta con L. 4/2018, si è dato spazio ad un automatismo della nomina, a differenza di quanto avviene per il curatore dell'eredità giacente ex art. 528 c.c. il quale, invece, viene nominato su istanza di parte ovvero anche d'ufficio.
I requisiti previsti in tema di curatore dell'eredità giacente ex art. 528 c.c., espressamente richiamato dall'art. 463-bis c.c., sono i seguenti:
a) mancata accettazione dell'eredità da parte dei chiamato (il quale è comunque ancora nel potere di farlo);
b) il chiamato non deve trovarsi nel possesso dei beni ereditari.
Molto dibattuta in dottrina è la tematica della c.d. "giacenza pro quota": essa ricorre nel caso in cui all'eredità siano chiamati più soggetti ma solo alcuni di essi abbiano accettato l'eredità. In particolare ci si chiede se sia possibile la nomina di un curatore ex 528 c.c. anche nel caso in cui solo alcuni dei chiamati non siano nel possesso dei beni e non abbiano ancora assunto una decisione.
A stretto rigore, e sulla scorta del tenore letterale della norma, come sostenuto anche da dottrina e giurisprudenza prevalente, l'accettazione o il possesso anche parziale di alcuni dei cespiti ereditari determinerebbe la carenza dei requisiti richiesti dalla norma.
Al riguardo la dottrina[1]segnala che la Suprema Corte[2]ha osservato che la funzione tipica dell'istituto dell'eredità giacente è quello della conservazione ed amministrazione del patrimonio ereditario considerato nel suo complesso, e non in una sola sua parte, in attesa della definitiva devoluzione a chi ne abbia titolo. La Cassazione[3]ha osservato che, sebbene il dato normativo non sia risolutore, depone nel senso indicato la considerazione dello stesso alla luce del sussidiario criterio interpretativo dell'intenzione del legislatore.
La problematica della giacenza pro quota deve essere però riesaminata alla luce della nuova normativa sulla sospensione della successione.
Sembra, infatti, che la nuova norma abbia ammesso e tipizzato la giacenza pro quota. Ciò in quanto è evidente che, in caso di sospensione dalla successione, il curatore dell'eredità giacente venga nominato al fine di amministrare esclusivamente la quota che spetterebbe al chiamato sospeso dalla successione.
Tuttavia occorre stabilire se il dettato normativo debba essere considerato quale norma disciplinante una fattispecie eccezionale e, dunque, insuscettibile di applicazione analogica o, viceversa, quale norma giustificatrice della giacenza pro quota in generale.
La risposta, a parere di chi scrive, è la prima. Il legislatore, pur in mancanza dei presupposti necessari ai fini della configurazione della fattispecie "eredità giacente", compie comunque un esplicito richiamo a quest'ultima, imponendone l'applicazione. Ciò significa che non solo potrebbe mancare il presupposto relativo al possesso dei beni ereditari, ma anche quello relativo alla mancata accettazione dell'eredità. Il soggetto sospeso, infatti, come meglio infra chiarito, potrebbe anche aver già accettato l'eredità.
Può, dunque, ritenersi che la nuova normativa introduce una fattispecie straordinaria di giacenza pro quota, senza minare le conclusioni a cui è giunta la giurisprudenza sulla generale inammissibilità di una giacenza pro quota.
Sul piano concreto, ove l'indagato sia già nel possesso materiale dei beni ereditari, dovrà consegnare detti beni al curatore; tuttavia si ritiene che l'indagato sia da considerarsi ancora titolare di tutti i poteri che la legge attribuisce ad ogni soggetto che possa vantare diritti sulla successione, di domandare l'apposizione e la rimozione di sigilli (art. 753, n. 2) e 763, comma 1° , c.p.c.) e di chiedere la formazione dell'inventario (pur essendo detto adempimento un autonomo obbligo del curatore nominato ex art. 529 c.c.).
La sospensione prima e dopo l'accettazione dell'eredità
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Occorre innanzitutto chiarire a cosa il legislatore si sia riferito con il termine "sospensione dalla successione".
Secondo opinione condivisa la sospensione non interessa il fenomeno della vocazione, la quale restata attuale e non viene meno (con la conseguenza che il soggetto interessato all'ordine successorio non viene eliminato), bensì quello della delazione.
In particolare la delazione nei confronti del soggetto sospeso diviene provvisoriamente inoperante per tutto il periodo previsto dalla legge, stante la sua attuale (e provvisoria) carenza di legittimazione a succedere.
Essa ritorna attuale con l'archiviazione dell'indagine ovvero con il proscioglimento dell'imputato, in linea con la ratio stessa della novella, dal momento che, in tal modo, è impedito medio tempore qualsivoglia conseguimento patrimoniale.
A questo punto occorre distinguere le conseguenze operative nel caso in cui il soggetto sospeso abbia già accettato l'eredità ovvero non abbia ancora accettato l'eredità.
I primi commentatori ritengono infatti ammissibile la fattispecie della sospensione in entrambe le ipotesi, stante il fatto che la norma non ha un portato limitante sotto questo aspetto.
Pertanto, ove la persona sottoposta ad indagine per i fatti previsti dalla norma non abbia ancora conseguito la qualità di erede, la fattispecie de quo è assimilabile ad un'istituzione ereditaria sospensivamente condizionata.
La condizione sospensiva è, più precisamente, una condicio iuris il cui evento condizionante è rappresentato dall'archiviazione dell'indagine o dal proscioglimento.
Di conseguenza, esattamente come avviene per l'erede istituito sotto condizione, il sospeso è titolare di un'aspettativa di delazione e, pertanto, non potrà porre in essere i poteri spettanti al chiamato verso il quale sia attuale la delazione ex art. 460 c.c. ovvero accettare l'eredità.
Eventuali atti di accettazione dell'eredità, tacita o espressa, saranno inefficaci.
Ove, invece, il soggetto sospeso abbia già accettato l'eredità, la ratio della disposizione appare ancora più pregnante, avendo lo stesso già conseguito la titolarità del patrimonio.
In tale ipotesi il sospeso viene privato dei poteri di godimento e di disposizione sui beni acquistati in forza della successione, conservandone la titolarità, ma perdendo (provvisoriamente) ogni prerogativa. Per tale ragione potrebbe accostarsi detta fattispecie ad una singolare e qualificata ipotesi di sequestro giudiziario.
Spunti sulla natura giuridica dell'indegnità
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In dottrina si è a lungo discusso sulla natura giuridica dell'istituto dell'indegnità a succedere.
In particolare il dibattito verte su due filoni principali: una parte della dottrina (minoritaria) sostiene la natura di indegnità quale forma di incapacità a succedere mentre altra parte della dottrina (maggioritaria) sostiene la natura di indegnità quale forma di esclusione dalla successione.
Tuttavia, a seguito dell'introduzione dell'art. 463-bis cc., appare possibile una volontà del legislatore di qualificare una nuova ipotesi di incapacità a succedere, seppur temporanea in quanto limitata alle vicende del processo penale.
Gli indici che portano a tale conclusione sarebbero i seguenti:
- l'immediata sospensione di ogni diritto sulla successione, che impedisce quindi la delazione;
- l'automatica esclusione senza necessità di una pronuncia giudiziale in tal senso.
Inoltre, l'art. 537-bis nel codice di procedura penale, novellato dalla legge in commento, oggi prevede "Quando pronuncia sentenza di condanna per uno dei fatti previsti dall'articolo 463 del codice civile, il giudice dichiara l'indegnità dell'imputato a succedere". Il termine "dichiara" propenderebbe per la natura dichiarativa della pronuncia di indegnità, in contrapposizione alla natura costitutiva tradizionalmente sostenuta e coerente con la natura di indegnità quale causa di esclusione dalla successione.
Secondo una tesi[4], che pare preferibile, la norma dovrebbe essere interpretata come segue.
In determinate circostanze, caratterizzate dall'urgenza di tutelare la condizione degli orfani delle vittime, il legislatore ha ritenuto opportuno prevedere la soluzione più immediata della sospensione dalla successione la quale impedisce la disponibilità attuale del patrimonio da parte del sospeso.
Come innanzi chiarito l'indegnità, dichiarata con sentenza costitutiva, produce ex post l'esclusione del soggetto dalla successione; l'istituto della sospensione sarebbe privo di utilità ove, al contrario, l'indegnità, quale forma di incapacità a succedere, impedisca immediatamente la delazione.
In altre parole se con la dichiarazione di indegnità si fosse prevista una vera e propria incapacità a succedere non si sarebbe sentita l'esigenza di introdurre l'art. 463 bis c.c.
Si deve concludere che, a differenza dell'indegnità ex art 463 c.c., la sospensione dalla successione debba essere considerata quale ipotesi di incapacità temporanea a succedere.
L'eventuale riabilitazione del soggetto indegno
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La riabilitazione ex art. 466 c.c. consente al soggetto dichiarato indegno di succedere ugualmente alla successione di colui nei confronti del quale si è pronunciato il giudizio di indegnità.
In particolare la riabilitazione può essere totale, ove l'indegno sia riabilitato in toto (art. 466 c1 c.c.), ovvero parziale, ove la riabilitazione si limiti alla singola disposizione testamentaria (art 466 c2 c.c.).
La ratio di detto istituto è da rinvenirsi nella tutela della libertà testamentaria.
Il testatore, pur consapevole della causa di indegnità, è libero di decidere la sorte dei suoi beni.
La natura giuridica della riabilitazione è da molti ritenuta quella di una dichiarazione di perdono e, in quanto tale, irrevocabile.
A seguito dell'introduzione nel nostro ordinamento dell'istituto della sospensione dalla successione, si è altresì dato spazio alla possibilità di procedere con una riabilitazione "eventuale".
Ove, infatti, il testatore rediga testamento quando il giudizio sulla condotta sia ancora pendente, potrebbe, consapevole della condotta potenzialmente illecita, riabilitare comunque il soggetto.
In altre parole, in caso di tentato omicidio e di apertura della fase giudiziale nei confronti del coniuge/unito civilmente/figlio/fratello o sorella del testatore , con conseguente sospensione dalla successione, quest'ultimo potrebbe riabilitare il ugualmente il soggetto che è stato momentaneamente sospeso.
Alla pari di una condicio iuris, la riabilitazione de quo esplicherà i suoi effetti solo in caso di sentenza di condanna (o di patteggiamento della pena ex art. 444 c.p.p.); viceversa essa non avrà alcun valore.
Il problema della pubblicità
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L'art. 463 bis c.c. non approfondisce l'aspetto pubblicistico della vicenda sospensiva e la sua conoscibilità e relativa opponibilità nei confronti dei terzi.
La suddetta norma, infatti, si limita a prevede che il pubblico ministero, compatibilmente con la segretezza delle indagini, dovrà comunicare senza ritardo alla cancelleria del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione l'avvenuta iscrizione nel registro delle notizie di reato, ai fini della sospensione di cui all'art. 463bis [5]
Ad oggi non è ancora possibile accertare sul punto una prassi consolidata e, pertanto, occorre del tempo al fine di verificare se la notizia relativa alla sospensione verrà inserita nel Registro delle Successioni o in altro albo apposito consultabile da terzi.
*Notaio Corrado De Rosa
www.dplmediazione.it
[1] G. DE MARZO, L'eredità giacente, 2019
[2] Cass., 6 giugno 1994 , n. 5443
[3]Cass., 22 febbraio 2001, n. 2611
[4]G. TORRELLI, Dissertazione sulla natura giuridica dell'indegnità alla luce del nuovo art. 463 bis cod. civ. in www.ilblogdeldiritto.it
[5]A.ANNONI, Indegnità a succedere e sospensione dalla successione - nuovo art. 463bis del Codice Civile in www.federnotizie.it
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